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mercoledì 27 giugno 2012

Io sto con la maggioranza silenziosa.


Lettera pubblicata sul dorso di Bergamo del Corriere della Sera. Scritta per la mia città la ritengo valida anche per il nostro Paese.

Caro Direttore,
è vero. Bergamo ultimamente sembra sfuggire da quell’atavica riservatezza che da sempre l’ha contraddistinta.
Al centro di molti accadimenti che hanno ingenerato un’immagine forse sfalsata della nostra terra.
Un’immagine che fa ritenere che Bergamo non sia più la terra dei nostri padri.
Ma Bergamo è veramente cambiata?
Se dovessi rapportarmi con i ricordi della mia infanzia forse sì.
In quell’anonima solidarietà di pranzi e cene passati con persone sconosciute (poveri trovati per le strade) che mia madre portava a casa per dare loro un pasto caldo (pur avendo noi pochissimo).
E forse nella voce di mio padre che, giovane imprenditore, raccomandava “prima si pagano i fornitori e poi, se avanza qualcosa, compriamo qualcosa da mangiare”.
E forse in ricordi di amministratori pubblici che preferivano i fatti alle parole urlate come il compianto sindaco Tino Simoncini che molto ha dato a questa città compreso il monumento agli alpini sotto il quale sto scrivendo questa lettera.
E’ così? Forse.
Ma ho come l’impressione che tutto sia riconducibile a quello che diceva il filosofo “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”.
Infatti, se guardassimo bene con attenzione, ci accorgeremmo che esistono ancora molti tesori nascosti nei cuori, nelle menti e nel passo frettoloso della nostra gente.
Tesori rappresentati da una maggioranza silenziosa che ha ancora in valori come la famiglia, il matrimonio, il lavoro, la forza e la capacità di superare gli ostacoli.
Una maggioranza silenziosa che lavora nel volontariato, nelle associazioni, primi e sempre pronti ad accorrere in zone in difficoltà.
Una maggioranza silenziosa che non incita all’evasione fiscale perché i padri hanno insegnato loro che se desideri qualcosa, se utilizzi qualcosa, se vuoi un futuro migliore per i tuoi figli devi dare qualcosa in cambio.
Una maggioranza silenziosa fatta di pensionati, lavoratori, imprenditori onesti che non si lamentano continuamente delle difficoltà, perché loro nelle difficoltà ci sono sempre stati.
No Direttore, Bergamo in fondo è cambiata poco.
Ci sono i soliti alberi che cadono nel frastuono e una foresta che cresce.
Una maggioranza silenziosa che sarà pure silenziosa, ma ricordiamocelo, maggioranza resta.
E come recitava Calvino nelle sue Città invisibili :”Bisogna cercare tra noi viventi chi e cosa inferno non è, e farlo durare e dargli spazio”.

Un caro saluto

Johannes Bückler

Montale e un pizzico di malinconia.


Di regola non sono un nostalgico ma nei giorni scorsi gli esami di maturità hanno scatenato in me un po’ di malinconia e non solo a causa di una gioventù ormai lontana.
Come molti studenti amavo andare a scuola e come tutti amavo tornare da scuola, ma ho avuto la fortuna di avere qualcuno che mi facesse amare anche quello che stava nel mezzo.
E ho letto della traccia su Montale.
Un poeta che adoro.
Uno scrittore, un critico letterario e un grande giornalista che ha collaborato anche con il Corriere della Sera.
Un poeta (premio Nobel per la letteratura nel 1975) che sapeva raccontare la vita così com’è.
E allora mi sono ritrovato a ricordare le sue rime.
Quel suo “…solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.” O quel “di me, di te tutto conosco, tutto ignoro.
E ancora : “La storia non è prodotta da chi la pensa e neppure da chi l'ignora perché la storia detesta il poco a poco”.
E quando penso a come si sono sentiti per anni i “pirla” che hanno pagato le tasse anche ai soliti “furbetti” (lo so, per Bückler è un chiodo fisso) mi viene in mente una sua poesia poco conosciuta che recita: “…ci sono anche altri pirla nel mondo ma come riconoscerli? I pirla non sanno di esserlo. Se pure ne fossero informati tenterebbero di scollarsi con le unghie quello stimma.” Da “Il pirla” (1971).
E ricordandola mi sento meglio, perché in fondo i veri pirla sono altri, quelli che, come dice Montale, non hanno neppure la consapevolezza di esserlo.

Johannes Bückler