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domenica 20 gennaio 2013

Proteste e pretesti. Non aggiungiamo violenza a violenza.


Caro Direttore,
un mese fa, nel commentare la vile aggressione a una vigilessa, avevo rimarcato come la violenza sulle donne sia quanto di più vile possa esistere.
A un mese di distanza ci risiamo, questa volta più spregevole e devastante.
E accade nella nostra città, in Borgo Santa Caterina, luogo della mia infanzia.
I primi calci al pallone sul campo della mitica squadra dell’Excelsior, il macellaio del borgo (nostro allenatore), l’oratorio, la chiesa.
Se è vero com’è vero (e dimostrato) che la violenza sulle donne si consuma (nella maggior parte dei casi), tra le mura domestiche, non deve meravigliare che un borgo come questo diventi improvvisamente testimone di un fatto così odioso.
Fatto cui sono seguite manifestazioni composte e altre meno (meno è naturalmente un eufemismo).
Certo, con un po’ di buon senso si sarebbero potute evitare certe reazioni (ma forse anche no perché questi personaggi di pretesti ne trovano a bizzeffe).
Forse era il caso di “domiciliare” in altro luogo la persona accusata di questo reato.
Ciò detto, un invito: lasciamo lavorare la magistratura.
Non facciamo, e qui mi rivolgo alla politica (e potevano mancare?), che quando un reato è contestato a un politico, vi appellate al primo, secondo, terzo grado di giudizio (e accidenti che sono finiti qui, altrimenti tiriamo le calende greche), mentre quando è un cittadino comune invocate il “pronti, via, chiudere la porta e gettare la chiave”.
Le leggi sono queste e queste vanno rispettate, mentre l’indignazione, necessaria e doverosa, deve essere immediata (senza debordare).
Non aspettiamo di conoscere (come pare troppo spesso) nazionalità e colore della pelle del violento.
Perché dobbiamo essere chiari : quando accadono certi fatti “indignazione” non deve mai fare rima con “opportunismo”.
Per non aggiungere violenza a violenza.

Un caro saluto

Johannes Bückler

15 Gennaio 2013 Corriere della Sera - Bergamo (Clicca per vedere la pagina)

sabato 19 gennaio 2013

L'evasione fiscale in campagna elettorale.

Caro Johannes,
siamo in piena campagna elettorale e, come sempre succede, chiunque si proponga per raccogliere consenso, "inverte" il senso di marcia del tema fiscale.
La lotta all'evasione, da bandiera innalzata fino al giorno prima come simbolo di una voglia di cambiamento per rendere più' equa e civile la società in cui viviamo, diviene di colpo uno sterile slogan, decisamente surclassato dall'enfatico "grido di dolore" che attraversa lo "stivale" per sottolineare il primario obiettivo di chi si candida, quello di ridurre il peso fiscale divenuto insostenibile per ogni cittadino.
Che dire? Sicuramente l'argomento ha forte presa elettorale e, tra i destinatari del messaggio, ben pochi ne intravedono la sterilità.
Questo modo di procedere, infatti, non porterà' da nessuna parte: non a una societa' piu' equa (non e' forse anche questo un nobile obiettivo della politica?); non a un processo di risanamento del debito pubblico, "palla al piede" storica che impedisce al paese di crescere da almeno un ventennio (ridurre le spese e combattere l'evasione per poter contenere e ridistribuire il giusto e necessario contributo di ogni componente della collettività al fine di far funzionare la "macchina sociale").
Noi Buckler, pero', siamo testardi e non ci facciamo distrarre; a costo di attirarci impopolarità continuiamo, anche sotto elezioni, a perseguire i nostri obiettivi senza sovvertirne la gerarchia.
L'evasione fiscale resta sul podio e, al riguardo, vorrei qui sottolineare il mio profondo stupore nel constatare il generalizzato dissenso verso il "redditometro", marchingegno non nuovo, recentemente rivisitato e messo in pista quale strumento idoneo a tentare di ricomporre a livelli meno patologici il tasso di evasione.
I media, gli esperti, i rappresentanti delle varie categorie economiche, tutti a criticare tale "strumento", da rifiutare vuoi per fuorvianti carenze tecniche idonee a generare falsi evasori, vuoi per la sicura conseguenza dell'azzeramento della volontà' consumistica, vuoi per manifesta finalita' di instaurare ingerenze nella vita dei cittadini, quando non addirittura uno Stato di polizia e così via.
Anch'io sono convinto che il redditometro abbia dei difetti, ma nel senso opposto di quello che paventano i richiamati detrattori (mi fermo perché l'analisi mi porterebbe lontano).
In ogni caso, valutandolo per quello che oggi ci viene proposto, occorre plaudire a un sistema che, quanto meno, tenta di abbattere quella che a me pare la "fascia" più intollerabile dell'evasione fiscale: la mancata copertura del tenore di vita.
Se spendo 100, sicuramente devo aver guadagnato qualcosa in più (reddito lordo) che (pagate le tasse) mi abbia consentito di avere una capacita' di spesa (reddito netto) di 100; in caso contrario le mie spese (cioè il mio tenore di vita) restano a carico di quella parte della comunità costituita dai contribuenti onesti (cioè i più fessi).
Il redditometro, con grandi approssimazioni tutte a favore del contribuente, tende a questo semplice ma importante obiettivo, imperniato sulla banale ed elementare constatazione che quanto spendo lo devo aver guadagnato: se ho il Suv, devo potermelo permettere con il mio "reddito dichiarato", altrimenti sono "altri" che me lo hanno pagato e me lo mantengono.
Calano gli acquisti? Evidentemente perché molti erano effettuati da " veri benestanti" mascherati da "finti poveri": questi ultimi si dovranno rassegnare ad uscire allo scoperto dal punto di vista reddituale, così potranno godersi il meritato benessere senza sfruttare simbiosi parassitarie a carico degli onesti contribuenti.
Ridicoli, perché infondati, i tentativi di "terrorizzare" i genitori e i nonni che aiutano economicamente figli e nipoti: la tracciabilita' dei loro interventi economici e' facilissima e il Fisco vedrà immediatamente soddisfatta la propria curiosità, senza poter procedere oltre a danno del contribuente. Qui mi fermo, sperando di non aver annoiato oltremisura.
Mi pareva doveroso, peraltro, uscire dal coro per spezzare una lancia a favore di un tema attuale che, ogni giorno che passa, vede aumentare le fila dei "detrattori".
Accidenti..., dimenticavo: siamo sotto elezioni.

Un caro saluto a tutti

Samuel Adams

mercoledì 9 gennaio 2013

La tradizione non si difende coi divieti.


Caro Direttore,
è stato approvato dal Comune di Bergamo il provvedimento che proibisce che nei borghi storici della città, Città Alta compresa, non si potranno aprire attività commerciali come kebab, friggitorie, pita gyros, lavanderie a gettone, sexy shop, money transfer, sale giochi, sale bingo, agenzie di scommesse e distributori automatici.
Non voglio entrare nel merito dal punto di vista normativo.
Nel merito ci entrerà presto l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato giacché su queste cose si è già espressa molte volte ribadendo che questi tipi d’interventi hanno “effetti distorsivi sulla concorrenza, nettamente in contrasto con i principi concorrenziali e con la disciplina nazionale di liberalizzazione”.
Nel provvedimento si afferma che non si potranno aprire nuove attività con vendita prevalente di prodotti alimentari di origine extra-europea.
Che dire. Meno male che nel Veneto (nella seconda metà del cinquecento) a nessuno venne in mente questa bizzarra idea quando si decise di utilizzare la polenta gialla al posto del miglio.
E quindi impedire un prodotto alimentare extra europeo come il mais, chiamato anche “granoturco” (tranquilli, prima che a qualcuno venga in mente di proibire anche la polenta, “turco” sta per esotico) arrivato dall’America dopo il 1492.
Ma qual é la preoccupazione di chi sostiene questi provvedimenti?
Dicono : “la proposta mira a “salvaguardare l’ambiente originario, quale testimonianza della cultura locale”.
Cultura locale. Già.
Poiché Bergamo è candidata a Capitale Europea della Cultura quale migliore occasione.
Pubblicizzare le straordinarie opere di Jacopo Negretti?
Divulgare l’attività letteraria e filologica di Gasparino Barzizza?
I lavori straordinari di Cosimo Fanzago o Evaristo Baschenis?
Di Pinamonte da Brembate, Giovan Battista Caniana, Pier Antonio Locatelli, Giacomo Quarenghi, Pietro Paleocapa, Lorenzo Mascheroni o Angelo Maj?
Le straordinarie poesie di Paolina Secco Suardo cui Voltaire dedicò incredibili parole di apprezzamento?
No. Secondo alcuni le tradizioni, la cultura, la creatività e la genialità della gente bergamasca sono meglio rappresentate dal divieto di vendere mandarini cinesi.
A nessuno sorge il dubbio che la propria cultura e le proprie tradizioni si difendono credendoci e amandole?
Perché, cari signori, la paura del diverso e i divieti sono già di per sé un'ammissione di sconfitta.

Un caro saluto

Johannes Bückler

15 Gennaio 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Vedi qui >>>>>

domenica 6 gennaio 2013

E lo chiamavano governare. (1)


Oltre alla memoria (che al momento mi sostiene), ho un incredibile archivio di appunti, ritagli di giornale, note degli ultimi 40 anni.
A volte mi diverto (a dir la verità "diverto" non è la parola giusta) a ripercorrere gli anni che ci hanno portato a questo punto.

6 Gennaio 1983
Oggi è il giorno dell’Epifania. Roma si è svegliata soleggiata, accompagnata da un caldo inusuale per il mese di gennaio. Per la fretta non ho potuto fare colazione al solito bar e sono passato dalla caffetteria di Montecitorio. Cappuccino e brioche freschissima.
Ci vengo di rado, ma ogni volta faccio la stessa considerazione: pur avendo una miriade di privilegi questi hanno colazione e pranzo per poche decine di lire. Perchè?

Dopo pranzo il tempo è cambiato, ha cominciato a piovere, piove tutt’ora.
Il 1982 se n’è andato da pochi giorni con alcune note positive.
Per esempio la legge n. 646, del 13 settembre, nota come legge "Rognoni-La Torre".
Ha introdotto per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali.
Il testo normativo trae origine da una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 31 marzo 1980 (Atto Camera n. 1581), che aveva come primo firmatario l'on. Pio La Torre.
Alla formulazione tecnica hanno collaborato anche due giovani magistrati della Procura di Palermo, tali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sicuramente bravi magistrati di cui sentiremo presto parlare…

Amintore Fanfani è il nuovo Presidente del Consiglio. Nuovo è un eufemismo, essendo il suo V° governo.
Da poco più di un mese ha preso il posto di Giovanni Spadolini.
Al Governo ci sono Democristiani, Socialisti, Socialdemocratici e Liberali. E’ rimasto fuori il PRI e, come conseguenza, Giorgio La Malfa ha lasciato il Bilancio al Democristiano Guido Bodrato.
Al Ministero del Tesoro è arrivato un giovane, non ancora quarantenne. Un democristiano di Asti al suo esordio: tale Giovanni Goria…
Roma si è svegliata assonnata come sempre, ma oggi non è un giorno come gli altri. Sta per accadere un fatto incredibile, grave e assurdo: lo Stato sta per andare in rosso, e lo farà per la prima volta.

Per carità, lo Stato, con il suo conto corrente, riferito al Conto di Tesoreria presso la Banca d’Italia, è costantemente in rosso.
Su quel conto transitano, infatti, tutte le entrate e le uscite della Pubblica Amministrazione e quindi il rosso è il colore preferito da molto tempo, ma oggi lo Stato sta per fare qualcosa d’insolito: andrà fuori fido di 2 mila miliardi di lire più del consentito.

Già, più del consentito. Come se il consentito fosse poco.
Chissà cosa penserebbe la gente se sapesse che “il consentito” è esattamente di 43mila miliardi di lire, cioè il 14% della spesa prevista dal Bilancio di Previsione.
Bilancio di Previsione che è pari a 316mila miliardi di lire.
M'immagino invece le reazioni. Che cosa saranno mai 2 mila miliardi di lire rispetto a movimenti pari a un milione di miliardi di lire transitati su quel conto?

Povero Goria. Arrivato da poco e già con una grana del genere. E non è l’unica. Alla fine del mese servono 4mila miliardi per gli stipendi degli oltre 2 milioni e 200mila dipendenti statali.
Per fortuna (sua, ma non nostra) il condono che sana le evasioni delle imposte sui redditi, fa entrare 300 miliardi ogni mese nelle casse dello Stato, altrimenti…
Non sarebbe meglio far pagare le tasse a tutti invece di continuare a operare con condoni?

Oltretutto come farà il povero Goria di fronte alla situazione delle pensioni.
Servono 2mila miliardi per pagare le stesse pensioni alle persone con 40 anni di età.
Già, 40 anni di età e in pensione. Mi chiedo ogni giorno come si potrà sostenere uno stato sociale che manda in pensione ogni anno migliaia di ragazze di 35 anni (15 anni di contributi).
Ma non pensano al futuro?
250 mila pensionamenti anticipati nel 1982 e altrettante richieste quest’anno.
Gente che va in pensione dopo 20 anni di anzianità.
Accidenti, è normale che tutta questa gente continui a votare in una certa maniera.
Chi mai vorrebbe cambiare un sistema che ti garantisce questo…

Dicevo: che cosa saranno due mila miliardi di lire rispetto a movimenti pari a un milione di miliardi di lire transitati su quel conto?
Niente, se non fosse che Goria ha appena trovato sul tavolo una sorpresa: la Banca d’Italia non ha nessuna intenzione di pagare il “conto”…
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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

E lo chiamavano governare. (1) (2)

mercoledì 2 gennaio 2013

Al voto tra speranze e certezze.


Se la prima Repubblica è caduta sotto i colpi della magistratura, l’unica certezza è che la seconda non sta morendo per un improvviso collasso, ma per lenta consunzione.
Alla sua dipartita resterà un inventario (fra l’altro già avviato) che presenterà i suoi passivi a chi si assumerà l’onere di guidare il Paese.
E come tutti sappiamo i passivi sono pesanti.


Mancano meno di due mesi alle nuove elezioni politiche.
La prima speranza: quella di poter vedere finalmente una campagna elettorale diversa.
Improntata sui contenuti, sulle soluzioni possibili, sul rispetto degli avversari, anche se le premesse non sono delle migliori.
In un Paese dove il calcio è lo sport nazionale (insieme all'evasione fiscale) non era difficile prevedere che anche la politica finisse per ammalarsi della stessa sindrome: quella da stadio.
Diciamo la verità. In Italia la politica è sempre stata terra di scontro.
Avete presente i talk show? Quelli dove sfidarsi, attaccarsi e insultarsi sono all'ordine del giorno?
Sì, proprio quelli.
Dove se qualcuno la pensa diversamente è un emerito cretino? Esatto.
Dove non c’è mai un dialogo costruttivo, mai uno scambio di opinioni che serva a crescere, a guardare le cose da altre angolazioni?
Dove se parla uno di destra per quelli di sinistra è un pirla. Se parla uno di sinistra per quelli di destra è un pirla.
Se parla uno del centro è pirla sia per quelli di destra che per quelli di sinistra?
Eppure per la legge dei grandi numeri uno non può avere sempre torto, ma neppure sempre ragione.
E sia chiaro, i tifosi della politica stanno a destra, al centro e a sinistra.
Sarà diverso almeno questa volta?

Una premessa: arrivato alla mia veneranda età mi sarei aspettato di avere pochi dubbi e molte certezze. Non è andata così e forse è un mio limite e l’età conterà pure qualcosa. Certo, sul rispetto delle regole, delle leggi naturalmente solo certezze. A cui si è aggiunta questa:

Euro 
Come ho già avuto modo di scrivere ero tra quelli che nutrivano molti dubbi sull'unione monetaria.
Qualcosa non quadrava.
Un tavolo senza la gamba politica, senza una vera politica monetaria, la fretta che aveva preso tutti in quel momento.
Ma accidenti, ormai siamo in ballo e trovo sbagliato e persino stupido non mettere in atto tutti i tentativi per tenere a galla la nave Euro.
Per questo non approvo e non approverò mai una campagna elettorale contro l’Euro e contro l’Unione Europea.
Da qualsiasi parte provenga.
Suvvia, non facciamo come al solito, non facciamoci notare per quelli sempre inaffidabili.
Sono passati solo pochi anni, abbiamo contribuito a creare questa Europa, abbiamo firmato trattati (va beh!), non facciamo sempre di quelli che alla prima tempesta e alla prima imbarcata d’acqua si gettano nelle scialuppe piuttosto che mettersi a lavorare di secchio.
Suvvia, un secchio a testa, dai.
Non è che va a finire che per salvare la nave, poi ai secchi ci devono andare sempre i soliti noti?

In conclusione : in questi ultimi anni troppo spesso mi è tornato alla mente un vecchio racconto maronita:
“Narra la leggenda che i sacerdoti di Bisanzio salirono sulle mura e dopo aver osservato sotto di loro l’esercito di Maometto II, si ritirarono in conclave e lì si accapigliarono, discussero, litigarono, si scontrarono…. su chi dovesse fare l’ambasciatore a Venezia.
L’indomani Bisanzio fu spazzata via.”

Detto che per fortuna Bisanzio è ancora lì, i “sacerdoti” avranno imparato qualcosa?
E, soprattutto, lo avremo imparato noi cittadini?

Un caro saluto

Johannes Bückler