mercoledì 18 dicembre 2013

Abolizione o semplice riduzione del finanziamento pubblico ai partiti?


Caro Johannes,
da un paio di giorni non si parla d'altro: finalmente abolito il "finanziamento pubblico ai partiti".
Come sempre sono un po' lento nel comprendere e chiedo il tuo aiuto.
Innanzi tutto noto che tutti i politici e i media hanno cancellato l'ipocrisia del lessico usato dal legislatore post referendum che aveva inserito la terminologia impropria dei "rimborsi spese elettorali".
Non vado oltre, da qui in poi mi perdo.
Da quanto si sente dire, al nuovo regime ci si arriverà solo dal 2017; ci può stare, non si può pretendere che chi riceve una "consistente paghetta" possa organizzare la propria sopravvivenza in tempo reale.
I vari meccanismi del regime transitorio li assimileremo con calma, ma resta il dubbio (ne avevo già' fatto cenno in un mio precedente messaggio) che, alla fin fine, tra 2 per mille e detrazioni (26% e 37%) pagherà sempre "pantalone" (cioè con i nostri soldi di onesti e vessati contribuenti).
Detto in altri termini: se ai partiti arriveranno risorse derivanti da tasse pagate (2 per mille) o abbassando quelle dovute (detrazioni) significa che le risorse che sostengono lo Stato e che arrivano dalla tasche dei singoli contribuenti vengono parzialmente distratte a favore dei partiti stessi. Ma questa "quota" come può essere chiamata diversamente da "finanziamento pubblico"?
Prova ne e' che lo stesso ministero dell'Economia quantifica il minor gettito connesso a questo provvedimento in termini sufficientemente indicativi: oggi, prima delle modifiche, il costo per lo Stato e' pari a 91 milioni di euro, che si attesterà a circa 72 milioni solo successivamente al 2017.
Siamo proprio certi che sia stato abolito il "finanziamento pubblico"?
Ti prego, illuminami.

Un caro saluto a tutti

Samuel Adams

lunedì 16 dicembre 2013

La macchina del tempo. 1983


Mentre Craxi arriva al governo per la prima volta, la Cassa del Mezzogiorno compie 33 anni.
In lire (dell’82) aveva già speso 53.709 miliardi in infrastrutture e 94.988 miliardi in incentivi.
Inoltre gli impegni di spesa già superano i 33.000 miliardi per strade e porti, e 52.000 miliardi di finanziamenti a chi promette di creare nuovo lavoro. Come funziona? Semplice. Qualcuno ritiene che in un determinato luogo serva un porto? (capirete in seguito perché ho scelto il porto come esempio)
Nessun problema. Si butta giù un progetto, costo (per esempio) 20 miliardi l’anno, per tot anni (un numero qualunque; tutti sanno che ci vorranno più anni e più soldi) e, accompagnati da un politico, si presenta il progetto in una delle sedi decentrate di gestione dell’intervento straordinario. Un’occhiatina veloce (ma molto, molto veloce)  e si delibera: l’ente, o la persona, è autorizzata ad attuare il progetto che costerà 20 miliardi l’anno per tot anni. Punto. Realizzazione autorizzata e spesa da quantificare in corso d’opera.
(Una follia vero?)

I costi lievitano anche solo per l’inflazione a due cifre. In più i lavori non finiscono mai. Infatti una legge degli anni sessanta rende automatica (avete letto bene, automatica) la revisione dei prezzi sugli appalti e la liquidazione degli anticipi dopo un certo periodo di tempo (già stabilito per legge). In questo modo non è assolutamente conveniente finire l’opera nei tempi stabiliti (questa pazzia fu abolita solo nel 1993, trent’anni dopo la sua introduzione).

Oggi Craxi ha deciso che la Cassa del Mezzogiorno deve essere commissariata e il Presidente, tale Massimo Perotti, non l’ha presa bene.

E’ stato nominato un commissario che deve gestirne la liquidazione entro due anni. La DC ha imposto una persona nuova (sich!). Non è vero, scherzavo. La DC ha imposto che sia lo stesso Perotti a gestire il tutto. E vai.
Perotti si è messo al lavoro e ha comunicato che per completare i progetti esistenti la Cassa ha bisogno di altri 17.848 miliardi (ancora!!!), 6384 per la revisione dei prezzi e altri 3.000 per consulenza varie.
Qualcuno ha protestato? E quando mai. Nessuno ha avuto niente da dire.

Nessuno ebbe niente da dire. Nemmeno il 2 marzo 1984, quando Perotti fu arrestato per concussione.

Ricordate l’esempio del porto?
E' l'esempio per descrivere la qualità di quei progetti. Quando Perotti presenta la richiesta di altri soldi, a Sibari si sta costruendo (o meglio, si sta cercando di costruire) un porto da oltre vent’anni. Nel progetto originale la Cassa del Mezzogiorno voleva finanziare un’opera grandiosa. Un porto per attraccare petroliere da 250mila tonnellate (già… e c’è poco da ridere).
La parola magica è “petrolio” e l’obiettivo è di trasformare la Calabria in una nuova California. Qualcuno ci crede, a tal punto che l’Enel ha cominciato a costruire a Rossano una grande centrale elettrica. Il piano è: costruisco il porto, arrivano le petroliere e attraverso un oleodotto (collegato al terminal di scarico) faccio funzionare la centrale che alimenterà fabbriche e attività che nasceranno come funghi in Calabria. Bellissimo. Stupendo. Calabria come la California. Evviva.

Evviva un corno. Vi chiederete: ma alla fine il porto fu costruito? No. Non fu mai costruito. Il motivo? Avevano autorizzato i lavori, approvato il progetto, ma nessuno si era preoccupato di disporre un’indagine geognostica del terreno. Dopo 5 anni di lavori si scoprì che sotto il fondale c’era un “banco di argilla limosa di oltre 50 metri”. Dopo 5 anni e decine di miliardi buttati.
Per la cronaca Sibari era stata una stupenda città greca protesa sullo Ionio. Il geografo greco Strabone duemila anni prima ne aveva descritta la decadenza, dovuta proprio al fatto che non poteva munirsi di un porto. Ogni volta che i Greci ci avevano provato il mare lo aveva riempito di sabbia.
E adesso potete ridere. O piangere. O urlare che la colpa è tutta dell’euro. In questo caso studiamo almeno un pochino prima. Economia? No. La storia.

Johannes Bückler

domenica 24 novembre 2013

Badare solo alla cassa non sempre basta.


Caro Direttore,
ogni giorno ci viene ripetuto che “la disciplina della finanza pubblica è necessaria”.
Giusto, giustissimo, finalmente verrebbe da dire. Ma mi chiedo: pensiamo veramente che i problemi attuali del Paese siano solo di tipo economico? Che basti riformare la politica, il lavoro o le pensioni per rimettere tutte le cose al loro posto?
Insomma, che basti fare cassa (senza preoccuparsi dei danni collaterali) per sistemare questo Paese? A quanto pare sembra di sì, poiché in questa direzione sono andati (o stanno andando) molti dei provvedimenti in discussione in Parlamento.
Sei convinto che le multe siano sanzioni dovute a comportamenti scorretti? E quando mai. Paga entro 5 giorni che ti faccio lo sconto.
Una sentenza della Corte dei Conti multa di 2,5 miliardi i concessionari delle slot perché le macchinette a suo tempo non erano collegate alla rete telematica come previsto per legge? Va beh, scendiamo a 500 milioni e chi si è visto si è visto, e al diavolo quelli che le leggi le rispettano. Ci sono 150 miliardi l’anno di evasione fiscale?
Facciamo che i soldi intanto li prendiamo ai pensionati (blocco indicizzazione) e nel frattempo vediamo di quanto scontare chi ha portato illegalmente soldi all’estero. (E per non farci mancare niente è di questi giorni la proposta di condonare persino le sanzioni Equitalia.)
Ma via, pensate veramente di poter recuperare decenni di finanze allegre con questi provvedimenti?
Pensate che si possa continuare a tartassare le persone oneste lasciando nel frattempo gli evasori a farsi beffe di noi?
Diciamo la verità. Io non sono spaventato dallo spread e dal debito pubblico. Sono terrorizzato dalla mancanza di onestà, giustizia sociale e senso civico, quello sì. Preoccupato, perché nessun sistema economico può prosperare e migliorare senza il rispetto delle regole.
E poiché sono proprio i provvedimenti di questo tipo che hanno tracciato l’attuale distanza che separa i cittadini da un vero senso civile di rispetto verso lo Stato (e tutte le sue istituzioni), un invito: fermatevi, prima che sia troppo tardi.

Un caro saluto

Johannes Bückler

24 Novembre 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

sabato 23 novembre 2013

Se almeno qualcuno chiedesse scusa ai cittadini.


Il luogo : Stezzano, comune di 13.000 abitanti in provincia di Bergamo.
Un bilancio di pochi milioni di euro. 


I fatti:  >>>>>    E ancora : >>>>>     E ancora : >>>>

Caro Direttore,
è notizia di questi giorni: in Cina 16.699 funzionari pubblici saranno puniti per non aver obbedito alle norme anti sprechi.
Norme che vietano non solo di sprecare denaro pubblico, ma di accettare regali, servirsi di auto per uso personale, fare viaggi a spese della collettività e quant’altro.
L’ennesima dimostrazione che tutto il mondo è Paese. La differenza semmai è nelle conseguenze: amare per i cinesi, poiché per questi reati è previsto l’ergastolo.
Da noi nemmeno ci si meraviglia più.
E’ chiaro il riferimento alla triste vicenda del Comune di Stezzano dove qualcuno ha pensato bene di rastrellare soldi pubblici per anni.
Tralascio il lato patetico della giustificazione del “tengo famiglia e avevo bisogno”, e chiedo: è mai possibile che nella nostra terra non passa giorno senza che le cronache portino alla ribalta esempi di mala gestione della cosa pubblica?
Possibile che alcuni sindaci e amministratori bergamaschi (che ripetono da anni la solita tiritera dell’esistenza di sprechi e ruberie solo da Roma in giù) non si accorgano di averli in casa i ladri?
Possibile che nessuno si sia accorto degli ammanchi in questione? Che il revisore, (che per legge ha l’obbligo di verificare la legittimità delle spese), non si sia mai accorto di nulla?
Eppure ha accesso a tutti gli uffici comunali per fare le verifiche necessarie oltre al diritto di avere copia di tutti i documenti.
E al sindaco: per ragioni di sola opportunità non era meglio evitare di scegliere qualcuno all’interno del proprio partito come controllore dei propri conti?
E allora un invito ai sindaci bergamaschi: prima di scendere in piazza contro il patto di stabilità (mi chiedo dove sarebbe il Paese senza) non sarebbe il caso di dare un’occhiata al proprio comune?
Chissà, magari qualche “spreco” lo trovate pure lì.
Anche stavolta non ci aspettiamo assunzioni di responsabilità e relative conseguenze (sconosciute in questo Paese). Magari un amministratore che chieda scusa ai propri cittadini, quello sì.
O anche qui, forse è chiedere troppo.

Un caro saluto

Johannes Bückler

23 Novembre 2013 Corriere della Sera - Bergamo -

domenica 17 novembre 2013

Canone, troppo facile colpire chi già lo paga.


Caro Direttore,
nella legge di stabilità sono apparsi emendamenti che mirano ad aumentare il canone Rai di 6 euro a partire dal 1 Gennaio 2014. “Al fine di assicurare le risorse spettanti all’emittenza radiotelevisiva locale”, recitano.
Mi verrebbe da dire, l’ennesima richiesta del maltolto in casa dei derubati, poiché nel nostro Paese 1 cittadino su 3 il canone non lo paga.
Come del resto il 96% di bar, alberghi e ristoranti.
Complessivamente l’evasione fiscale del canone ammonta a 500 milioni di euro per i privati e 900 milioni per gli abbonamenti speciali.
Pensare di fare qualcosa per recuperare questi soldi? E quando mai.
Più semplice aumentare il canone a chi già lo paga.
Eppure non dovrebbe essere difficile scovare questi evasori.
Per esempio attraverso un controllo incrociato con la sottoscrizione di eventuali abbonamenti per televisione a pagamento.
Oppure come fanno Austria, Germania e Svizzera eliminando il canone per inserirlo come tassa a carico del nucleo familiare.
O come in Grecia dove il canone si paga con la bolletta elettrica; un sistema che qualcuno definisce facile a dire ma complicato da realizzare. Insomma, come sempre, non sono certo le soluzioni che mancano nella lotta all’evasione. Manca la volontà.
Che da noi somiglia molto al coraggio di Don Abbondio.
O ce l’hai, o uno non se la può dare.

Un caro saluto

Johannes Bückler

P.S. Detto che una seria privatizzazione sarebbe auspicabile. Ma anche in questo caso la volontà è indispensabile.

17 Novembre 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

giovedì 7 novembre 2013

Rientro capitali e la mia pensione.


Gentile Johannes,
leggo sempre con interesse i suoi interventi pubblicati dal Corriere e nella fattispecie mi riferisco a quello odierno relativo al rientro dei capitali dall'estero al fine di una "regolarizzazione volontaria con sconto".
A tali affermazioni da parte della nostra classe politica il mio "ego" diventa feroce e se potesse farebbe sfracelli.
Errare è umano ma perseverare è diabolico. Mi piace condividere questo sfogo con lei in quanto sono sicura che non avrei la stessa facilità di accesso alla carta stampata fortuna a lei capitata(può anche darsi che lei non la veda tale ma per il cittadino comune farsi ascoltare pubblicamente è diventato un bene difficile da conquistare anche se apparentemente tiriamo sempre in ballo la democrazia) e per renderla partecipe di quanto capitatomi nel momento in cui sono andata in quiescenza.
La pensione partiva dal 1 settembre 2012 per cui l'ultima busta paga relativa al mese di agosto comprendeva anche gli otto dodicesimi della tredicesima per un ammontare di €1323, 61 lordi che si sono sommati allo stipendio di agosto il tutto per un totale di €4258,27 lordi.
Il totale delle ritenute è stato di €1458,90.Come può ben rilevare la tassazione ha ingoiato in toto gli otto mesi della tredicesima andando oltre tale cifra.
Dopo qualche mese, in notevole ritardo mi è sono stati erogati €150,00 lordi quale residua produttività con una trattenuta di ben 48€.
Capisce bene quindi quale rabbia (e come me chissà quanti milioni di italiani) nel dover digerire quelle "graziose concessioni" che il Governo è pronto a concedere agli evasori di questo Paese magari facendo un secondo buco nell'acqua. Mi si dirà che le tasse vanno pagate e chi lo nega?
Ma manca l'equità, la giustizia sociale, la mancata erogazione di quei servizi sacrosanti che rendono la vita meno dura e che dovrebbero far accettare di buon grado quanto ci viene sottratto affinché non lo si debba definire "maltolto".
Concludendo, non mi sento meno arrabbiata ma almeno ho espresso il mio pensiero a chi puntualmente ribatte con le giuste parole ai mille soprusi che vengono gratuitamente elargiti ai cittadini di questo ormai disgraziato Paese.

Cordialmente,

 La Bella "mbriana" (me lo concede uno pseudonimo?)


martedì 29 ottobre 2013

Rimpatrio di capitali. Che non sia una resa.

Caro Direttore,
quando si tratta il fenomeno dell'evasione fiscale, si tende aprioristicamente a escludere l'aspetto etico/civico sottostante. E’ forse il segno dei tempi o più semplicemente la convinzione diffusa che chi paga le tasse non è mai mosso da considerazioni “alte”.
Per questo non sorprende l’ennesimo piano del governo per il rientro dei capitali detenuti illegalmente all’estero (significato di "illegale" : che non è ammesso dalla legge o dalle regole in vigore).
E sinceramente stucchevole la precisazione che in questo caso non si tratterebbe di condono o scudo fiscale, ma di semplice “regolarizzazione volontaria con sconto”.
Prendo atto, ma vorrei far notare quanto segue: l’art. 53 della Costituzione commisura il carico fiscale alla capacità contributiva del cittadino con criteri di progressività. I ripetuti condoni e concordati fiscali, pur non eliminando in toto la progressività impositiva, hanno reso quest’ultima pressoché insignificante.
In pratica la sostanziale ridefinizione di un articolo della Costituzione inaccettabile sul piano della democrazia sostanziale.
Azzerare (di fatto), con condoni, scudi o regolarizzazioni volontarie questa capacità impositiva (solo per aiutare un Paese in crisi di risorse), equivale ad ammettere l’incapacità di combattere l’evasione fiscale.
E dalle mie parti ciò equivale a una resa.
Una resa disonorevole, senza nemmeno l’onore delle armi.

Un caro saluto

Johannes Bückler

29 settembre 2013 Corriere della Sera - Leggi >>>>>

mercoledì 23 ottobre 2013

Il gesto dell'ombrello. Ieri e oggi.


Caro Direttore,
del gesto dell’ombrello di Maradona rivolto a Equitalia si è scritto molto.
Resta da chiedersi come si possa tollerare una così grave mancanza di rispetto verso i cittadini onesti di questo Paese e come sia stato possibile garantire (di fatto) diritto d’offesa su una Tv pubblica.
Meglio soprassedere, pensando che non è certo un caso isolato.
Da anni molti di quelli che chiamiamo furbetti, non pagando le tasse, rivolgono ai cittadini onesti un bel gesto dell’ombrello in tutte le sue varianti. E’ tipico di chi si crede più furbo degli altri.
Esattamente come i francesi prima della battaglia di Azincourt (contro gli inglesi) nella Guerra dei Cent’anni, dove la leggenda vuole sia nato questo gesto. Infatti i francesi, prima della battaglia, erano soliti irridere gli avversari con il gesto di simulare il taglio delle dita intendendo così impedirgli in futuro di tirare con l’arco.
Ma quel giorno gli inglesi si presentarono con un inedito arco lungo (il famigerato long bow) che i francesi non avevano mai visto.
Da lì il gesto di passare dalle dita al taglio dell’intero braccio viste le dimensioni dell'arco.
Allora era un gesto per irridere i nemici, oggi (per qualcuno) di schernire Equitalia e i cittadini onesti. Non so come finirà la vicenda di Maradona e se a vincere sarà ancora una volta il furbetto di turno.
So però quello che accadde ai francesi.
Lasciarono sul campo 15.000 uomini subendo una delle sconfitte più cocenti della loro storia e capendo, forse per la prima volta, che è inutile irridere gli avversari, prima e durante una contesa.
Inutile e controproducente. Oggi come allora.

Un caro saluto

Johannes Bückler

domenica 20 ottobre 2013

La legge di stabilità e l'evasione fiscale.


Caro Direttore,
molte le attese riguardo alla legge di stabilità che ormai, visti i continui aggiustamenti, dovrebbe essere rinominata “legge d’instabilità”.
Sul fronte fiscale si legge testualmente “Con le misure disposte nel provvedimento si avvia un percorso di riduzione del carico fiscale sulle famiglie”.
Un percorso appena appena iniziato poiché il Tesoro ci informa: “i lavoratori che percepiscono un reddito lordo annuo tra 15.001 e 20.000 euro registreranno un sollievo fiscale pari a un risparmio di 152 euro anno”. Risparmio, bene dirlo, che corrisponde a 12 euro mensili e poco più.
Quindi tutto bene? Non proprio. Non fai a tempo a festeggiare per i 12 euro pronto a buttarti a capofitto in spese pazze per rilanciare i consumi, che ti avvisano che dal prossimo anno ci sarà però un taglio lineare delle detrazioni (lo sapevo!).
E se qualcuno ha pure qualche risparmio in BOT via altri euro per una nuova supertassa sui conti di deposito (e già i 12 euro ce li siamo giocati).
In attesa di conoscere quanto ci costerà la Trise, che sostituirà Imu e Tares più Tasi e Tari (giuro non è uno scioglilingua), possiamo solo augurarci che il passaggio parlamentare possa migliorare provvedimenti che appaiono veramente poca cosa.
Pochi ricordano infatti che nella finanziaria del 2007 Prodi fece un abbattimento del cuneo fiscale più o meno con questi numeri e il risultato fu sostanzialmente nullo per l’economia e i conti del Paese.
Certo, i margini di manovra non sono molti quando si rinuncia (di fatto) a colpire seriamente 150 miliardi di evasione fiscale annua.
E questo è il risultato: andare a recuperare i soldi del maltolto nelle tasche dei derubati. Come sempre.

Un caro saluto

Johannes Bückler

20 Ottobre 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>

lunedì 14 ottobre 2013

Messaggi sbagliati e creazione di equivoci.

Caro Johannes,
Alcuni giorni fa, Attilio Befera si e' accodato alla corrente di pensiero che ammette l'evasione per sopravvivenza.
Ne abbiamo gia' trattato, commentando le esternazioni di Fassina, inutile ripeterci. In questa occasione, peraltro, si deve mettere in evidenza come si sia pure scivolati, equivocando (a mio avviso consapevolmente) tra l'evasione e il mancato pagamento di un debito tributario già determinato.
Questo equivoco e' stato cavalcato anche dai media sulla scia di recente giurisprudenza che ha mandato assolti (penalmente) alcuni contribuenti che avevano omesso versamenti d'imposta a causa di insormontabili difficoltà finanziarie. Ovvio che non si tratta di evasori e che il debito non onorato prima o poi sarà saldato.
I giudici hanno solo sancito che, in determinate circostanze di forza maggiore, non pagare esclude il reato tributario, nulla di più. Tra l'altro, non si può che condividere detto orientamento che, ovviamente, non tocca per nulla la posizione (a volte penalmente rilevante, senza attenuanti) di chi occulta reddito tassabile.
Chi ha diffuso la notizia, peraltro, ha volutamente usato l'equivoca sfumatura di segnalare che "non c'è evasione se si e' in difficoltà". Niente di più falso e fuorviante!
Spiace dover nuovamente constatare che i messaggi che arrivano alla massa dei cittadini, non tutti dotati della sensibilità necessaria ai temi che ci stanno a cuore, tendono a creare uno stato di "confusione" che consentirà di continuare nella filosofia gattopardesca di far finta di cambiare per non cambiare nulla.
La vera lotta all'evasione richiede un clima "culturale" di tutt'altro spessore, ahimè.
Buona fortuna a tutti noi.

Samuel Adams

lunedì 30 settembre 2013

E lo chiamavano governare (7)


Anno 1983
Il FIO, "Fondo per gli Investimenti e l’Occupazione" è stato creato nel 1982 con un unico scopo: sostenere gli investimenti pubblici.
Destinato a finanziare progetti immediatamente eseguibili, in otto anni di esercizi finanziari, dal 1982 fino all’89, i fondi Fio assegnati hanno toccato i 21 mila miliardi, destinati a oltre 800 progetti presentati dall’amministrazione centrale e dalle Regioni.
Ma come è stato usato? Quando Pietro Longo arriva al Bilancio nell’agosto del 1983 (Governo Craxi I) nel FIO ci sono ancora 1.210 miliardi assegnati per il 1983, ma non ancora spesi, congelati dalle elezioni.A questi stanno per aggiungersi quelli assegnati per il 1984. 
Ma facciamo un passo indietro. A un anno prima.

Giorgio La Malfa ha avuto un’idea straordinaria per quanto riguarda i progetti presentati al FIO.
I finanziamenti gestiti da queste ente sono (almeno quelli effettivamente destinati agli investimenti) risorse pubbliche che devono essere spese con lungimiranza.
Per questo ha chiamato dagli Stati Uniti Enzo Grilli, che insegna economia internazionale e dello sviluppo alla Johns Hopkins University e lavora alla Banca Mondiale.
Lo ha nominato segretario alla Programmazione. L’esigenza è la solita: avere un’amministrazione più funzionale e soprattutto credibile.
Il Governo Spadolini ha dei buoni ministri: Andreatta al tesoro, Reviglio alle Finanze e Giorgio La Malfa al Bilancio.

Grilli si è messo subito al lavoro. Ha ingaggiato una dozzina di professionisti della valutazione. Qualcuno viene dal privato, altri dall' Università, altri da organizzazioni operanti all’estero.

Li ha messi alle sue dipendenze sganciati dalla politica. Ma cosa devono fare nello specifico?
Quello che fanno da tempo tutti gli altri Paesi del mondo Occidentale.
Valutare i progetti presentati e selezionarli secondo criteri che ne verifichino le possibilità reali e soprattutto il rapporto costi e benefici.
Tradotto significa, va bene fare un porto, verifichiamo però se ciò è possibile (nel luogo indicato) e, cosa ancora più importante, verifichiamo a chi e a che cosa serve? Come dite? Ma è solo una cosa di buon senso? Già. Chissà perchè nessuno ci ha mai pensato.

L’idea di base è di dare finalmente dignità allo Stato e di aumentare efficacia ed efficienza della spesa pubblica visto che ormai le risorse sono sempre più scarse.

Il nucleo di valutazione si è messo subito all’opera. Per prima cosa ha compilato un manualetto di regole e parametri e l’ha inviato a tutte le amministrazioni regionali affinché ne prendano atto, invitandole a regolarsi prima di presentare progetti e le relative richieste di fondi.
Ogni amministrazione, centrale o periferica che sia, deve presentare il suo progetto ma deve compilare una scheda di descrizione con tutti gli elementi necessari affinchè il progetto possa essere valutato. I costi, i benefici, i tempi di attuazione. Questo, in sintesi, il lavoro del nucleo. Una vera novità in Italia.

Il lavoro prosegue bene. Il Cipe dà le direttive (programma), e il nucleo di valutazione, su basi tecniche, effettua la graduatoria degli investimenti accettabili, in termini di priorità e di utilità.
Il governo, alla fine, sceglie all'interno di questa graduatoria i progetti che, a suo parere, sono migliori perché più conformi agli obiettivi da raggiungere. Insomma l’idea chiave è quello che la valutazione fornirà finalmente un’informazione preziosa su quelli che sono gli investimenti migliori.

Ottobre 1983
A Pietro Longo, Ministro del Bilancio, questo nucleo di valutazione non va proprio giù. Sta discutendo con Craxi, Goria e Amato della dotazione per il 1984 del FIO e lui sa benissimo che quei soldi gli servono. A fare nuovi investimenti? Macchè. Gli servono 15.000 miliardi per far fronte alle sistematiche voragini di debiti della Siderurgia, dell’alluminio e della Chimica. Quei soldi a lui fanno comodo. Craxi per l'anno prossimo gli ha appena concesso 6.000 miliardi. (successivamente altri 2.200).
Questa faccenda del FIO in mano ai tecnici a Longo non va giù. Dare a questa gente la possibilità di bocciare un progetto, solo perché ne beneficiano pochi, è una cosa assurda. Non si è mai vista una cosa del genere in Italia. Ma che vadano al diavolo.

23 Dicembre 1983
Longo ha convocato il Cipe ed ha assegnato i fondi. I finanziamenti sono stati vagliati dalle Regioni e sottoposti alla valutazione del nucleo di Grilli.
Ma qualcosa non torna. Le regioni del nord non credono ai loro occhi. La Liguria per esempio, completamente tagliata fuori dai finanziamenti.
La Lombardia, che era stata molto meticolosa per potersi far approvare tutti i progetti, ne ha presentati 6. Approvato solo uno, il disinquinamento del fiume Lambro.
Alla Campania, malgrado arrivino continuamente soldi dall’intervento straordinario nel Mezzogiorno, sono stati assegnati il 15% di tutti i finanziamenti.
Alla Calabria 120 miliardi. Peccato che da quella regione non sia arrivato nessun progetto.
Con buona pace di Grilli e dei suoi uomini.
Loro hanno lavorato su 317 progetti presentati. Ne hanno scartati 126 per carenza dei requisiti. 70 accantonati perché poco attendibili. Il Cipe doveva lavorare sui restanti 121. Longo ne ha approvati 57, ma 12 sono fra quelli scartati da Grilli.

Grilli è arrabbiato, dopo che Longo ha richiesto una verifica su tutti quelli scartati. E’ tecnicamente impossibile oltre che scorretto. Mentre La Malfa e Andreatta chiedono un’indagine parlamentare su quanto sta accadendo, Longo ha posto la parola fine al gruppo di revisione.
Con una delibera del Cipe, in barba al Parlamento, gli analisti possono continuare a lavorare, ma senza impicciarsi della convenienza dei progetti. Nella delibera è espressamente dichiarato: nell’assegnare i fondi, si dovrà tenere conto di altri fattori.
Primo fra tutti “le esigenze politiche complessive di riequilibrio”. Mentre Longo in Parlamento riafferma il primato della politica sui “tecnici del gruppo” che pretendono di sostituirsi ai politici, tutti i membri del gruppo di Grilli si dimettono.

6 mesi dopo
Anche Grilli si è dimesso. E’ tornato a Washington sbattendo la porta Si sarebbe aspettato almeno una parola di conforto da Craxi o da Amato. Parola mai pronunciata.
Era arrivato pieno di speranza. Come Degan, che sperava di sistemare la Sanità, anche lui era finito per essere sconfitto da Longo. Aveva tentato di legare la scelta degli investimenti pubblici a un minimo di equilibrio fra vantaggi per la comunità e oneri.
Insomma, sganciare finalmente la politica dai soldi pubblici.
Anni dopo Tangentopoli porterà a conoscenza del Paese perché non ci riuscì. E perchè il Paese era stato, con il suo silenzio, complice.

N.B Ricordate l’unico progetto della Lombardia approvato dal Cipe? Il disinquinamento del fiume Lambro? Tranquilli. Non fu mai attuato.
Gli appalti finirono presto al vaglio della magistratura per tangenti.
L’Irva, società capofila del progetto  liquidata nel 1993. 
Un anno prima, sempre per tangenti, anche Pietro Longo era stato arrestato.

Al prossimo assalto alla diligenza…
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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

E lo chiamavano governare. (1) (2) 3 (4) (5) (6) (7) (8)

venerdì 27 settembre 2013

E lo chiamavano governare (6)


Aprile 1984   
Dove eravamo rimasti? Ah sì. Al colpo di spugna, l’ennesimo, ai debiti della Sanità. E’ così da sempre.
In pratica si autorizza chi ha debiti a contrarne di nuovi che servono a pagare quelli vecchi.
Debiti arretrati, interessi che si sommano ad altri debiti, a cui si aggiunge sicuramente un prezzo elevato a causa della corruzione.
Stiamo scaricando sulle future generazioni l’onere di questi comportamenti. Oneri che finiranno per strangolarli. Possibile non si accorgano di questo? Certo, l’inflazione a due cifre aiuta e ha aiutato questi cattivi comportamenti. Si pagano rate per importi fissi che col passare degli anni pesano molto meno. Maledetta inflazione.

Servono soldi. Soldi a volontà. Degan ha appena dichiarato che quelli previsti dalla finanziaria ’84 non bastano. Soldi, è bene dirlo, già aumentati del 10% rispetto all'anno precedente. Ora ne serve un altro 10%.
I soldi non sono tutto. C'è anche di peggio.
E’ appena stato varato un decreto dal titolo “Attribuzioni del personale non medico addetto ai presidi, servizi e uffici delle Usl”.
Dodici pagine sulla Gazzetta Ufficiale per dire cosa serve esattamente ad una Usl. (Ma non sarebbe compito di chi gestisce l’Usl stessa?)
A ognuna vengono assegnate una ventina di figure professionali.
Ad una Usl servono 3 geologi? (Ambiente e Territorio sono sotto il loro controllo). No. Il decreto prevede un solo geologo.
Però deve avere un architetto e un ingegnere (anche se non servono), ma solo un geologo.
Nessuna protesta. In fondo qualche figlio, nipote o amico architetto o ingegnere si trova sempre.

1 Giugno 1984
La Sanità è allo stremo e il Governo lo ammette esplicitamente. Nel 1984 costerà 38.500 miliardi di lire. 4.500 in più di quelli preventivati nel Bilancio dello Stato di quest’anno. Tradotto, le Usl sono sull’orlo della bancarotta. Hanno, certificati, 7.600 miliardi di debiti. Nel primo trimestre 1984 siamo già a +16% rispetto stesso periodo anno precedente.
Avete ben presente la situazione? E che dite. Qualcuno si rende conto della situazione? Certo, come no!

3 Giugno 1984
I medici e i dipendenti ospedalieri hanno dichiarato per domani uno sciopero generale che di fatto rischia di paralizzare tutto il sistema sanitario nazionale.
Rivendicano l’applicazione del contratto e il rinnovo delle convenzioni.
Per la precisione non tutti i sindacati. Hanno aderito i sindacati dell’Anano, Anmo, Cimo, Fimed, Fimmg, Fimp, Snami e Sumal. (ma quanti accidenti sono?). Ma non i primari dell’Anpo e i medici della Cgil, Cisl e Anpo. Mi chiedo se abbiano capito la gravità della situazione.
I medici hanno appena avuto un aumento per il funzionamento dell’ambulatorio. L’assalto alla diligenza continua senza sosta. E il Paese vada pure in malora.

Settembre 1984
Gianni de Michelis è ministro del Lavoro. E’ un anno che sta lavorando a una nuova riforma senza concludere niente.
Craxi si era impegnato a ridurre la spesa previdenziale, ma anche qui le cose non stanno andando bene.
Si sta sforando di 7.000 miliardi di lire lo stanziamento previsto dalla Finanziaria.
In questi anni ogni 1.000 lire pagate dall’Inps solo 600 sono coperte da contributi.
Lo Stato pensa al resto. Grandi.
Siamo tutti a conoscenza degli enormi privilegi dei dipendenti pubblici in tema di previdenza.
Per essere iniquo è iniquo rispetto ai dipendenti privati, quindi?
Oggi i sindacati hanno protestato sostenendo che non è giusto che i dipendenti pubblici abbiano tutti questi privilegi. Non è giusto avere questa disparità di trattamento.
Che facciamo, li togliamo? No, la richiesta dei sindacati è di estenderli anche ai privati (equo è equo…sich!). Questo significa un’ulteriore impennata del costo delle pensioni negli anni futuri.
Il sindacato che ha alzato la voce per primo è la Fisafs (Federazione ferrovieri autonomi). Ha minacciato scioperi e agitazioni “in difesa dei diritti alienabili della categoria”, una categoria (bene ricordarlo) fra le più privilegiate.
Una persona di buon senso potrebbe chiedersi: ma l’ente come sta messo?
E’ presto detto. Mentre vengono chiesti aumenti (l’ennesimo), le Ferrovie incassano ogni anno 3.000 miliardi dai servizi merci e dai passeggeri.
Ma bastano appena a pagare gli stipendi. Lo Stato ne mette altri 15.000 per farle funzionare.

L’assalto alla diligenza continua…
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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

E lo chiamavano governare. (1) (2) 3 (4) (5) (6) (7)

sabato 21 settembre 2013

E lo chiamavano governare (5)


26-09-1983    

E’ necessario eliminare il pagamento a piè di lista. Bisogna distribuire i fondi che servono, ma chi supererà il tetto prefissato dovrà risponderne”. Una dichiarazione di buon senso appena espressa dal Ministro della Sanità del Governo Craxi. Si chiama Costante Degan, democristiano, grande cattolico. Una persona perbene, capace di mettere ordine senza stravolgere. Rispettoso di tutto e tutti.

Craxi si è posto tre obiettivi: una diversa politica dei redditi, la riduzione dei costi del sistema previdenziale e quelli del servizio sanitario. Il lavoro, quest’ultimo, proprio di Degan. Sul primo punto ci sarà da ridere (o piangere) poiché su questo tema lo scontro col PCI è frontale. Solo a parlare di blocco della scala mobile a qualcuno si sono già rizzati i capelli. Vedremo come andrà a finire.

Degan è intenzionato a rispettare le sue dichiarazioni. Non tanto per quello che riguarda l’inadeguatezza del servizio dato ai malati, ma soprattutto per quanto riguarda il costo di questo servizio. Prima problema: quanti debiti ha la Sanità? Nessuno lo sa, tantomeno il Ministero che di questo dovrebbe occuparsi.
L’unica cosa certa è che i gestori delle Usl così mal gestite sono principalmente colleghi del suo partito. Infatti, su 647 Usl il 58,7% sono democristiani. Il 19,3% socialisti. Il 17,9% al PCI e via via fino alle briciole. I debiti sono enormi, tanto che fornitori e vincitori di appalti minacciano di fermare tutto. E’ dura pensa Degan, e nessuno sa esattamente quanti soldi servono.

30 Settembre 1983

Il Governo oggi si è riunito. L’ordine del giorno verte unicamente sulla gestione economica e finanziaria delle Usl. Il Consiglio dei Ministri ha appena deliberato di istituire per ogni singola Usl un collegio di revisori che accerti rapidamente ammontare debiti, situazione patrimoniale e contabile ed eventuali necessità di spesa. Leggo il decreto legge 463 e sinceramente resto sbalordito. Per esempio su chi dovrà controllare la spesa delle Usl gestite dalla politica. Commercialisti? No. Contabili o ragionieri? E quando mai.
Capito, sicuramente dovrà essere un revisore. Niente di tutto questo.
Un solo requisito è necessario. Il fatto di essere stati al servizio della Pubblica Amministrazione. Di più. Saranno nominati solo dal Ministero del Tesoro, dalle Regioni e dalle assemblee delle Usl.
Tradotto sgnifica che la politica, che controlla le Usl e causa del disastro, sarà controllata dalla politica. Come fai a non definirli dei “gegni”.

E così tutto continuò come prima. Con fatture gonfiate, appalti truccati, forniture inutili. La politica aveva vinto ancora una volta. E i cittadini? Continuarono a non capire che, accettando di fatto queste situazioni, stavano distruggendo il futuro dei loro figli. 

Marzo 1984 

Non hanno fatto i conti con la magistratura. Qualcuno di loro ha cominciato a intuire che nella Sanità esiste una situazione generalizzata da codice penale. Cominciano i primi arresti.
I fornitori insistono nel voler essere pagati prima della famosa relazione dei revisori. Che fare? Semplice. I politici sono o non sono dei gegni? Paghiamoli questi debiti. Come? Semplice. Come sono soliti fare. Prendono le stime sulle entrate dei prodotti petroliferi e le aumentano del 20%. (Le avevano abbassate della stessa percentuale due mesi prima sich!). E per tirare un colpo di spugna sui debiti degli ultimi tre anni? (servono 8.000 miliardi).
Che ci pensi il Tesoro pagando con titoli di Stato stampati per l’occasione.

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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

E lo chiamavano governare. (1) (2) 3 (4) (5) (6)

Alla prossima puntata...

giovedì 19 settembre 2013

Non abbiamo capito nulla?

Caro Johannes,
sentire giorni fa un onorevole, in collegamento telefonico con la trasmissione radiofonica La Zanzara, che bellamente andava affermando di considerare un patriota chi si sottrae ai balzelli del fisco perché sottrae soldi al pubblico spreco, confesso che mi ha gettato nel più profondo sconforto, ingenerando in me il dubbio di non aver mai capito nulla del vivere sociale.
Poi ho pensato a te, ai tanti altri Buckler in circolazione e ho trovato un po' di conforto, rasserenandomi e convincendomi che forse la ragione sta dalla nostra parte che valutiamo l'evasore fiscale non come un benemerito della società bensì un ladro della peggior specie perché, rubando alla collettività, sottrae risorse ai più deboli e bisognosi.
Poi e' vero, ci sono gli enormi sprechi, ma ciò non toglie che alla base del vivere civile ci stanno i doveri e tra questi, indubbiamente, il quello fiscale assume un ruolo imprescindibile.
Superato lo shock iniziale e ripensando al contenuto di queste esternazioni mi sono inbufalito: ma come, un personaggio che da anni calca la scena politica, più volte ministro, che certamente più di ognuno di noi (o di noi tutti insieme) ha partecipato alla gestione del potere "vero", quello della stanza dei bottoni, inneggia all'evasione nascondendosi dietro agli sprechi, quando dovrebbe vergognarsi denunciando la propria incapacità messa al servizio della Stato.
Tra l'altro ricevendo in cambio, oltre agli onori (immeritati, evidentemente), anche laute e durature prebende e, con queste, alimentando ulteriormente gli sprechi (pagare il lavoro di inetti e' indubbiamente uno spreco!).
Come possiamo sperare che questa societa' cambi se la classe politica, ahimè, esprime personaggi di tal "caratura"?
Chiedo aiuto alla tua saggezza, oltre che appellarmi alla tenacia dei tanti colibrì che seguono il tuo blog.
Un caro (sconfortato) saluto a tutti.

Samuel Adams

martedì 17 settembre 2013

Redditometro, statistiche e giustizia sociale.

Caro Direttore,
le dichiarazioni tranquillizzanti dell’Agenzia delle Entrate sul nuovo redditometro sembrano non abbiano sortito l’effetto desiderato.
Eppure sono state chiare fin dall’inizio: “E’ intenzione dell’Agenzia concentrare la propria attenzione nei confronti di chi presenta scostamenti significativi tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata sulla base di situazioni e fatti certi…” .
Al riguardo non voglio quindi aggiungere altro.
Quello che posso fare è spiegare (per l’ennesima volta) perché si è arrivati a questo punto. In breve.
Nel 2011 il reddito medio dichiarato dagli italiani è stato di 19.600 euro. Reddito lordo, da cui si deve togliere il carico fiscale per ottenere il vero “reddito spendibile”.
Ma se il reddito spendibile è quello dichiarato, com’è possibile che la spesa media di ogni famiglia italiana sia stata nello stesso periodo di 29.856 euro, con punte di 33.492 euro per famiglie con un figlio?
E sia chiaro, sono dati che si ripetono ogni anno da molto tempo.
Detto che la statistica “È na' cosa che serve pe fà un conto in generale” come recitava Trilussa, a me pare che comunque qualcosa non torni.
C’è sicuramente qualcuno che continua a utilizzare servizi gentilmente offerti da altri costretti a pagare anche per loro. Giusto quindi usare tutti gli strumenti per ripristinare un po’ di giustizia sociale in questo Paese e aspettare almeno qualche risultato dal redditometro prima di criticarlo.
Perché 60 milioni di allenatori di calcio, passi, ma 60 milioni di esperti in lotta all’evasione mi pare troppo.

Un caro saluto

Johannes Bückler

17 settembre 2013 Corriere della Sera - Vedi qui >>>>>

mercoledì 11 settembre 2013

E lo chiamavano governare (4)


26 Giugno 1983    Nuove elezioni, ma prima… 

Prima di ogni elezione che si rispetti i governi uscenti cercano di accaparrare consenso. Fanfani &C. hanno colto la palla al balzo per chiudere il contratto dei dipendenti pubblici.
Ciò in barba al buon governo, al tetto d’inflazione programmata.
Sarebbe stato più logico lasciare al nuovo governo la chiusura dei contratti, ma con le elezioni alle porte è ormai prassi (sì avete capito bene, è prassi) garantirsi la riconoscenza di una parte di elettori.
E cosa c’è di meglio di 3 milioni di dipendenti pubblici? Costo dell’operazione? 6.000 miliardi di lire in 3 anni. E poiché Goria ha appena introdotto una piccola strettina (piccola piccola) sulle baby pensioni, il ministro Schietroma (Funzione pubblica) ha appena emanato una circolare. La strettina viene eliminata. Il consenso prima di tutto.

Probabilmente Goria (o chi per lui) non era capace a far di conto. Per gli aumenti al milione e 100mila insegnanti furono preventivati 1000 miliardi di lire. Ce ne vollero 2.000.
E così per ogni settore pubblico. Alla fine i 6.000 miliardi preventivati diventarono 12.000. Conseguenza di questi errori fu che Goria rimase al suo posto, pronto in elezioni successive a diventare Presidente del Consiglio. Della serie: la competenza paga.

L’ottava legislatura è terminata da poco e diciamo la verità, ha lasciato pochi rimpianti.
La nona sta per iniziare con risultati elettorali abbastanza sorprendenti.
La DC (32,7%) ha perso il 6% dei voti e il PSI si è attestato all’11,3% lontano dalla percentuale prevista del 15%. E’ il terzo partito, ma De Mita ha deciso di togliere il veto a Craxi, che, di fatto, sta per diventare Presidente del Consiglio. Il primo socialista della storia d’Italia.



Il primo governo italiano a guida socialista ha avuto una nascita piuttosto travagliata. Forse sui programmi? Sulle responsabilità da condividere in futuro? Ma quando mai.
La presentazione del governo è slittata di un giorno e ha avuto momenti imbarazzanti per la più antica e banale delle spiegazioni: la spartizione delle poltrone.



Liberali e socialdemocratici nonostante un 7% totale hanno una grande potere, tanto da far dire a Pietro Longo “non credano i partiti maggiori di fare i conti senza di noi”. Detto, fatto. A Pietro Longo va il Bilancio con qualche migliaio di miliardi di lire da gestire.

De Mita ha tolto il veto su Craxi, ma da buon democristiano conosce la matematica. Quindi se Craxi è Presidente del Consiglio il governo deve essere democristiano. I ministri sono 29? I ministri DC devono essere 15; tra l’altro il numero perfetto per le spartizioni alle correnti. Cinque agli amici di De Mita, cinque agli amici di Piccoli e Andreotti e cinque alla “minoranza” di Forlani. Ai socialisti vanno solo quattro ministri. Non si può dire che De Mita abbia perso la partita con Craxi a Palazzo Chigi.

Alle 17, momento del giuramento, ci si accorge che manca qualcuno. Si tratta di Michele Di Giesi che dalla Marina Mercantile è passato alle Regioni. Di lui nessuna traccia. Il motivo? Di Giesi ha rinunciato. “Gli elettori non mi hanno votato per stare a guardia di bidoni”, dice. Le Regioni non sono soggetti politici e lui vuole fare politica. Bene. Una telefonata a Romita che è al mare e il vuoto è riempito. Surreale.

Craxi è emozionato e si vede. Ha persino dimenticato nella lettura dei ministri quello di Alfredo Biondi all’Ecologia. Forse per il fatto che Biondi di Ecologia non ne capisce niente. Ma questo non è mai stato un problema.

Furono tre anni, il Craxi I, di crescita e ricchezza; ricchezza che non si vedeva da almeno 20 anni. Poteva quindi, (anzi doveva) invertire la rotta. Abbandonare la via del disavanzo, controllare entrate e spese, arginare il debito pubblico e gli interessi che su di esso si pagavano.

Il primo anno promise di contenere il disavanzo in 60mila miliardi di lire. L’anno si chiuse a meno 88.000. I suoi due obiettivi erano il 10% del PIL di disavanzo complessivo e il 5% di disavanzo corrente. Si ritrovò col 17% il primo e l’8% il secondo. Questo lo faceva imbufalire. Il primo governo socialista e questi conti?
Fu così che ebbe un’idea. Poiché non diminuiva il deficit, pensò, perché non rivalutare il Prodotto interno lordo?
Si decise di quantificare il lavoro “sommerso”. E di colpo il fabbisogno scese dal 17 al 13,2%, e il disavanzo corrente dall’8% al 6%. Ma anche con questo artificio gli obiettivi rimasero lontani.

Nel giorno del suo insediamento Craxi aveva fatto una solenne promessa: calcoleremo, controlleremo e governeremo la spesa pubblica. Nel suo primo mandato non fece niente di tutto ciò.

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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

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lunedì 9 settembre 2013

"SUD svantaggiato". Lo diceva Miglio.


Caro Direttore,
“per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice. Peccato che sia sbagliata”.
Era una frase che soleva ripetere mio padre ogni volta che gli si presentava un problema.
Mi è tornata alla mente leggendo della richiesta di un referendum consultivo sull’Indipendenza della Lombardia approvata a Spirano.
Non voglio entrare nel merito, perché siamo ormai abituati a certe sparate. Sparate che hanno l’unico scopo quello di ribadire il solito ritornello per cui il Nord paga e il Sud scialacqua.
Il solito refrain stucchevole che la Lombardia, locomotiva d’Italia, ha una velocità diversa rispetto al Sud.
E allora sarebbe utile, per questi signori, ripercorrere la storia di questo Paese.
Vero (e onesto) sarebbe raccontare alla gente che certe politiche (che hanno tradotto velocità diverse) vengono da molto lontano e che fu proprio il Nord a beneficiarne.
Fin dal 1892, quando una guerra doganale con la Francia consentì al settentrione di ottenere una politica protezionistica.
Congiuntura che favorì molto gli imprenditori del Nord a scapito degli agricoltori del Sud.
Oppure dal contratto stipulato nel 1906 dall’allora ministro Fortis con la Spagna, che danneggiò pesantemente l’enologia del meridione.
Per non parlare di tutte quelle politiche nazionali che, di fatto, hanno respinto ogni tentativo del Sud di risollevarsi.
(E giusto sarebbe ricordare anche i molti giovani fantaccini del Sud che andarono a morire silenziosamente sulle colline del Carso).
Ripercorrendo quindi la storia di questo Paese non si può fare a meno di affermare che: “Tutte le volte che la storia ha imposto scelte economiche-finanziarie alternative, il Meridione è stato di fatto sacrificato a vantaggio del Nord”.
Bückler? No, Gianfranco Miglio.

Un caro saluto

Johannes Bückler

08 Settembre 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Vedi qui >>>>>

giovedì 5 settembre 2013

Italiani a responsabilità limitata.

Il 31 ottobre del 1976 “l’Espresso” pubblicava una copertina con le bandiere del Cile e dell’Italia con questo titolo “L’Italia diventa il Cile?
Inflazione, blocco dei treni, panico in banca, buste paga vuote, autarchia, allarmismo, rivolte di piazza, revanscismo di estrema destra”.
Ne aveva ben donde.
In quel mese l’inflazione aveva superato il 20% avviandosi a chiudere l’anno con una media del 16,7% e con una lira svalutata del 12%.
Un periodo che definire difficile era dire poco.

Una crisi spaventosa vissuta nelle piazze, nel terrore delle bombe, nei continui scontri frontali, nel mistero di tanti, troppi oscuri complotti.
Nei disoccupati che lottavano per un posto di lavoro e nei lavoratori che vedevano ogni giorno sciogliersi il loro reddito.
Nel disprezzo per il nostro Paese in molte cronache di giornali stranieri.

Eppure abbiamo superato anche quel momento e siamo ancora qui. Abbiamo superato quel difficile periodo (uno dei tanti) e siamo diventati una delle prime potenze economiche del mondo, membro fondatore dell’UE, dell’OCSE, del Consiglio d’Europa, membro del G7, G8, G20.
Chi avrebbe scommesso anche solo una lira sull’Italia?

A differenza di oggi, forse in quel periodo gli sport nazionali non erano molti.
Il calcio, sicuramente l’evasione fiscale (esattamente come oggi), ma non il lamento continuo.
Quel piangersi addosso ogni volta che ci si trova di fronte a una difficoltà. Quella propensione di tafazziana memoria che ci porta ogni volta a ingigantire ogni nostro difetto e a sminuire ogni nostra virtù.
Ed è per questo che non passa giorno senza che qualche padre inviti il proprio figlio a lasciare questo Paese. “In questo Paese non avete futuro” dicono, “andatevene finché siete in tempo”.
E allora chiedo a questi padri: non pensate di avere qualche responsabilità se il Paese è in queste condizioni?
Chi ha votato per decenni quella che voi definite “la classe politica più inefficiente di tutto l’Occidente?
Chi ha votato per decenni politici corrotti, preoccupati solo del proprio tornaconto personale?
Forse lo avete fatto perché garantivano la difesa del vostro orticello e solo del vostro, che tanto all’orticello degli altri qualcuno avrebbe provveduto?
Lo avete fatto perché garantivano solo proclami contro l’evasione fiscale, ma fatti zero, perchè poi “come mi faccio la casa al mare se devo pagare pure le tasse?”.
Avete forse votato politici che garantivano condoni a scadenza, perché una terrazza abusiva poteva sempre servirvi?
Non avete forse privilegiato una classe politica che favoriva figli, nipoti, amici e amici degli amici, perchè una raccomandazione poteva sempre tornarvi utile?
E allora via, indignatevi per quello che avete (abbiamo) combinato invece di scaricare su altri le responsabilità.
E prendiamocela con i veri colpevoli. Non è difficile.
A molti, basta solo uno specchio.

Johannes Bückler

domenica 1 settembre 2013

Modena, operai vanno in ferie e l’azienda trasloca in Polonia.

Modena, operai vanno in ferie e intanto l’azienda trasloca in Polonia. Leggi qui >>>>> 

Caro Johannes,
chissà in quanti siamo rimasti colpiti dal passaggio di questa notizia sui media nazionali.
Chissà in quanti abbiamo provato solidarietà umana per quei lavoratori.
Deve essere terribile scoprire improvvisamente la scomparsa, in questo caso, fisica del proprio lavoro.
Altresì pensavo, chissà quanti di questi lavoratori, negli ultimi 5 anni, si sono trovati nella necessità di cambiare i serramenti di casa.

Grazie al 55% degli incentivi fiscali, che è una ghiotta opportunità, si sono recati presso un rivenditore dove hanno scoperto che è possibile ottenere un risparmio del 20% acquistando dei serramenti in PVC prodotti in Polonia.
Il rivenditore in questione non perde occasione per specificare al lavoratore della Firem che i semilavorati utilizzati sono di ottima qualità, si tratta di profilati in pvc tedeschi, ferramenta austriaca, vetri francesi, e prezzi molto più interessanti delle finestre prodotti in Italia con le medesime materie prime.

E' facile giustificare l'arcano, riferisce il rivenditore: "in Polonia i lavoratori costano all'impresa un quarto di quanto costano al concorrente italiano e visto che questo tipo di impresa MANIFATTURIERA, mediamente ha un'incidenza del costo del personale intorno al 20%, ecco che salta fuori un primo 15% di risparmio, mettici poi minor costo dell'energia , del gas, e balzelli vari e tutto diventa chiaro".
Io di mio aggiungo, metti pure l'azzeramento dei costi di ammortamento per le immobilizzazioni industriali, visto che i colleghi polacchi hanno saputo sapientemente sfruttare i contributi europei. Come concludiamo: Globalizzazione? Libera circolazione delle merci all'interno della comunità? Comprensibile aggressività di paesi in via di sviluppo?
Oppure legge del contrappasso? Ognuno scelga la sua.

Stasera, molti rivenditori ITALIANI dei serramenti polacchi , rumeni, bulgari eccetera, mangeranno pesce fritto e patatine a qualche festa dell'unità . Qualcuno di loro il primo maggio sventolerà la bandiera rossa e l'indomani non si porrà il problema degli operai rumeni a 200 euro al mese. Del resto business is business.
Sul bilancio pubblico, occorrono un paio di miliardi di euro l'anno per sostenere il 55% di bonus fiscali, purtroppo una parte vanno a favore di imprese dell'est, giustamente ormai comunitarie!
Quando le imprese italiane vendono in Russia, in nord Africa o peggio ancora in Brasile, devono fare di conto con pesanti barriere doganali all'ingresso.
Paradossale, vero!

Saluti.

Francesco Mangione - Presidente di SPI Finestre


sabato 31 agosto 2013

Una telenovela troppo lunga.

Caro Direttore,
finalmente è terminata la telenovela sull’Imu, l'imposta municipale unica.
Considerato che la prima rata no, la seconda no (ma si deciderà la copertura a ottobre), la Service Tax sì (ma vedremo come), mi chiedo se fosse necessario discutere quattro mesi per arrivare a questo provvedimento.
Misteri, ma non troppo, di un modo di fare politica che sembra non cambiare mai. Comunque, archiviata l’Imu, bisognerà cominciare a familiarizzare con la nuova “Tassa sui Servizi”.
(Incredibile, ma vero, ho trovato nel nostro vocabolario le parole idonee senza dover scomodare il mondo anglosassone).
Con l’introduzione del nuovo tributo si sposta la tassazione sui servizi, esattamente (ci ha ricordato il nostro Presidente del Consiglio Enrico Letta), come accade in un condominio.
La palla passa quindi ai comuni (che certo non hanno brillato in questi anni in quanto a gestione delle risorse), che avranno “ampia flessibilità” e “adeguati margini di manovra”. Sulla logica, certo condivisibile, del “pago, vedo, voto”.
Peccato si continui a ignorare una massa di persone (e i dati di questi giorni a Bergamo della GDF lo confermano) il cui unico motto è : ”non pago, vedo lo stesso, mi regolo di conseguenza” e al diavolo le rate del condominio.

Un caro saluto

Johannes Bückler

P.S. Quando abbiamo iniziato la raccolta differenziata ci era stato promesso un risparmio sui costi del servizio. Lo stiamo ancora aspettando.

31 Agosto 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Vedi qui >>>>>

venerdì 30 agosto 2013

La cresta sulle forniture pubbliche.


Caro Johannes,
C'è qualcosa che non va in tutti i discorsi che si fanno sulla competitività italiana o lombarda: forse la lingua ci tradisce, il vocabolario non funziona più...

Qualcuno che se ne intende può dare un occhio ai prezzi ai quali sono stati vinti gli appalti per studiare il raddoppio del tunnel stradale del San Gottardo, che interessa moltissimo la Lombardia e l'Italia tutta?
Non viene il dubbio che "forse" la cresta sulle forniture pubbliche ha raggiunto da noi livelli ormai intollerabili, e che qui sia ragione nemmeno troppo profonda della nostra perdita di competitività?
Quali sono i prezzi equivalenti per la "pedemontana" lombarda o per altre opere pubbliche nostrane? Qualcuno può aiutare ?
Cordiali saluti.

San Gottardo. Il raddoppio parla tedesco. Clicca qui >>>>>

Alberto Carzaniga

martedì 27 agosto 2013

Imu, basta con il teatrino e paghiamo.

Caro Direttore,
qualcuno è riuscito nella fantastica impresa di far pagare volentieri una tassa.
Infatti, purché finisca questo teatrino, molti italiani sarebbero disposti a pagarla l’Imu, e anche con piacere.
Magari persino qualcuno di quel 25% di cittadini esentati.
Perché non è possibile che da mesi il dibattito politico sia bloccato su questa imposta. Non è possibile che un giorno la paghiamo, un giorno no, un giorno forse, e un giorno chissà, magari, vedremo.
Una tassa, è bene dirlo e con le dovute correzioni, (forse l’unica fra le tante) che ha in sé un minimo di equità.
Infatti la pagano molti evasori, e già basterebbe questo. (Incrociando i dati dei contribuenti Imu stanno infatti venendo alla luce proprietari di decine d’immobili dimentichi di come si compila una dichiarazione dei redditi).
Comunque diteci finalmente cosa dobbiamo farne di questa benedetta imposta.
Per i provvedimenti sul lavoro, sullo sviluppo, sugli sprechi, sulla riduzione di spesa, insomma sui problemi veri di questo Paese, fate pure con calma. Senza fretta.

Un caro saluto

Johannes Bückler

27 Agosto 2013 Corriere della Sera - Bergamo - Vedi qui >>>>>

venerdì 23 agosto 2013

Come distruggere il futuro dei propri figli.


 29 dicembre 1973 - Le baby pensioni.

Oggi le baby pensioni sono entrate in vigore col decreto Dpr 1092, Presidente del Consiglio Mariano Rumor, uno dei leader dorotei. Il 1973 se ne sta andando e molte cose sono accadute durante l’anno. Il 14 gennaio il concerto di Elvis Presley, “Aloha from Hawaii” per esempio. E’ il primo della storia della tv ad essere trasmesso in tutto il mondo via satellite.
Il 27 gennaio gli accordi di Parigi hanno definitivamente messo la parola fine alla guerra del Vietnam e il 4 aprile a New York è stato inaugurato e aperto al pubblico il complesso “World Trade Center”, le famose “ Torri Gemelle”.
Pochi giorni fa, il 17 dicembre, un gruppo di terroristi ha attaccato un aereo della Pan Am all’aeroporto di Fiumicino provocando 30 vittime.
E’ un anno difficile, di forti tensioni sociali e gravi difficoltà economiche. Una crisi petrolifera ci obbliga all’austerity e costringe molti di noi a sacrifici a cui non siamo abituati. Molti sacrifici, ma non per tutti.
Quel Dpr sta per trasformare alcune categorie e le sta rendendo privilegiate; per loro, il nostro Paese, sta per diventare il Paese della cuccagna.

La riforma concede, ai soli dipendenti pubblici, la possibilità di andare in pensione dopo 19 anni e sei mesi per gli uomini, 14 anni sei mesi e un giorno per le donne con prole, e 24 anni sei mesi e un giorno per i dipendenti degli enti locali. Una bella botta diciamolo. E così, mentre “La collina dei ciliegi” di Lucio Battisti imperversa al primo posto nella classifica dei 45 giri, il governo introduce una riforma che inciderà fortemente sulla sostenibilità del sistema.

Tutto torna. Ai “soliti noti” sono richiesti sacrifici: la domenica a piedi, illuminazione ridotta, cinema chiusi alle 22 e fine trasmissioni Tv alle 22.45. Ma se applichi misure di austerity, se sei costretto a fare provvedimenti non digeriti da una parte del Paese, il consenso lo devi pure recuperare da qualche parte, accidenti. E’ il classico modo di fare politica senza rendersi conto della irresponsabilità e soprattutto dell’insostenibilità di questo genere di misure.

Si capiva già allora perché molti continuassero a votare quei partiti: chi mai avrebbe voluto cambiare chi ti garantiva di questi privilegi?

Quanto ci costano oggi.

Oggi le pensioni erogate a persone che hanno lasciato il lavoro prima dei 50 anni di età sono circa 530.000.
Per la maggior parte sono al Nord e ci costano complessivamente oltre 9 miliardi l’anno.
La Confartigianato ha elaborato al riguardo dei dati impressionanti. Mediamente queste persone restano in pensione per 41 anni. 17.000 pensioni riguardano dipendenti pubblici che hanno lasciato il lavoro a 35 anni di età.
Considerando l’età media stimata si prevedono 53, 9 anni di pensione.
Altri 78.000 sono andati in pensione tra i 35 e i 39 anni. Anni di pensione stimati: 47,4.
Si tratta di cittadini che riscuoteranno più o meno il triplo dei contributi versati. Per chi non avesse ancora ben chiaro il problema viene in soccorso uno studio di Confindustria.
Gli oltre 9 miliardi che spendiamo per le pensioni baby attuali sono esattamente il doppio dei circa 180.000 eletti del sistema politico nazionale. Cioè il doppio di quanto ci costa la cosiddetta casta.

Qualcuno in passato ha proposto un contributo di solidarietà dell’1% per le pensioni baby. Come al solito c’è stata una levata di scudi sul fatto che i diritti acquisiti non possono essere toccati.

Naturalmente i colpevoli non sono i baby pensionati, che hanno solo utilizzato una legge dello Stato, ma i politici e tutti coloro che hanno continuato a sostenerli. Direi molti italiani.

Le baby pensioni vennero eliminate dal Decreto legislativo 503 del 30 dicembre 1992. In alcune Regioni molto tempo dopo.

Johannes Bückler

giovedì 22 agosto 2013

Tanto rumore per nulla.

Caro Johannes,
l'oggetto della presente esternazione si riferisce, facile capirlo, al redditometro.
Da strumento idealmente idoneo a stanare una certa fascia di evasione diffusa, ci siamo ritrovati con la montagna che ha partorito il classico topolino.
Se quantificare esattamente le entrate e', molto spesso, "missione impossibile", rilevare le uscite, con orizzonte ben mirato e indicativo di capacita' reale di spesa, risulta assai più facile.
Quanto di questa ineluttabile constatazione si sia tradotta nel "meccanismo" entrato in vigore il 19 u.s. non mi risulta chiaro, aiutami tu a capirlo.
A me pare che al "rastrello fiscale" che poteva essere il redditometro nella sua concezione originaria sia stato sostituito un misero "punteruolo", con capacita' di "raccolta", evidentemente, assai ridotte.
Sono esageratamente pessimista? Credo di no, ahimè; per dimostrare la fondatezza del mio punto di vista mi aiuterò con i dati ufficiali (Ministero dell'Economia e ISTAT) di recente divulgazione.
Nel 2011 il reddito annuo dichiarato in media dagli italiani ammonta a 19.600 euro (giova ricordare che si tratta di reddito lordo, dal quale occorre togliere il "carico fiscale" per ottenere il quantum spendibile).
Con riferimento esemplificativo ad alcune categorie economiche, quel dato si identifica ancor più precisamente: dipendenti, 20.000 euro; pensionati, 15.500; avvocati, 58.700; medici, 69.500; architetti, 29.100; muratori e imbianchini, 23.600; ristoratori, 15.400; alberghi, 18.300; autosaloni, 10.100; bar e gelaterie, 17.800; gioiellieri, 17.300; tassisti, 15.600; parrucchieri, 13.000; negozi di scarpe e abbigliamento, 6.500 euro.
La spesa media di ogni famiglia italiana, in un anno, ammonta a 29.856 euro. Considerando la composizione della famiglia stessa, troviamo che i single spendono, mediamente, 21.168 euro, i coniugi senza figli, 29.424 e i coniugi con un figlio, 33.492. Raffrontando i dati, anche con grandissima approssimazione, a me pare che ci sia qualcosa che non torna.
Da ciò la convinzione della potenziale validità di uno strumento come il "primo" redditometro e la forte delusione per la "versione" entrata in vigore. Quest'ultima, non dimentichiamolo, viene presentata con la sottolineatura che scostamenti inferiori ai 12.000 euro non verranno considerati e che la norma stessa prevede una "soglia di tolleranza" del 20% di scostamento tra reddito dichiarato e spese al di sotto della quale non si metterà in moto la "macchina" dei controlli.
Johannes, riformulo la domanda?
Sono esageratamente pessimista o ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento "fumoso" e demagogico che solo apparentemente vuole proporsi come deterrente dell'evasione ma in realtà risulta l'ennesima espressione di quella "volontà politica" che ha, da sempre, caratterizzato il nostro Paese?
Un caro saluto a tutti

Samuel Adams

lunedì 12 agosto 2013

Abolire le province? Lo spreco è regionale.

Caro Direttore,
che per ammodernare il Paese serva un riordino a tutti i livelli è cosa nota.
Ripensare l’apparato amministrativo dal centro alla periferia non solo è giusto, è indispensabile.
In quest’ottica rientra quello che sembra essere diventato il mantra della politica: abolire le province. Ma siamo veramente sicuri che sia questa la strada da percorrere?
In quanto a sprechi sicuramente no perché è’ chiaro che, nel corso degli anni, sono state le Regioni, e non le Province, la maggior fonte di spreco di denaro pubblico.
In alcuni casi si sono dimostrate centrali del malaffare, della corruzione e del clientelismo di ogni tipo. 20 piccoli stati, 20 repubbliche all’interno di uno Stato più grande che forse sarebbe meglio ripensare, anche per una migliore gestione del territorio. Di più.
Si fa un gran parlare in questi giorni di riforma della nostra cara Costituzione.
Sicuramente in alcuni punti mostra i segni del tempo, ma poniamoci una domanda: quale è stato l’unico terreno su cui la Costituzione del 1948 ha subito una revisione abbastanza profonda?
Quale, se non quello della riforma del Titolo V col nuovo ruolo assegnato alle Regioni?
Ecco, visti i risultati, forse è il caso di lasciar perdere, di lasciare la Costituzione così com’è.
Anche perché, prima di cambiarla, forse sarebbe il caso di cominciare a rispettarla.

Un caro saluto

Johannes Bückler

10 Agosto 2013 Corriere della Sera - Bergamo -Vedi qui >>>>>

domenica 11 agosto 2013

Quella beffa per chi le tasse le ha già pagate.

Caro Direttore,
nel Decreto del Fare c’è un’altra novità per quanto riguarda la riscossione.
Una modifica apportata all’art. 52 lettera a-bis recita: “non dà corso all’espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti “beni essenziali” e individuato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze d’intesa con l’Agenzia delle Entrate e con l’Istituto nazionale di statistica”.
Dopo i 120 mesi di possibile rateazione, la possibilità di non pagare fino a 8 rate (anche non consecutive) e dopo l’impignorabilità della casa si prosegue sulla strada della benevolenza.
Saranno individuati una serie di “beni essenziali” non pignorabili da parte dell’ente di riscossione.
Tenendo conto che nel frattempo alcuni senatori hanno provato a inserire un provvedimento (per fortuna bocciato) di innalzare di nuovo il limite nell’uso del contante, comincio ad avere qualche vago sospetto.
Ma una certezza: d’ora in avanti chi non riuscirà a pagare i tributi potrà dormire sonni tranquilli.
Solo una domanda: e a quelle persone che, pur di pagare le tasse sono costrette a rinunciare ad alcuni di quei “beni essenziali”, chi ci pensa?
Perché qualcuno ci sta pensando, vero?

Un caro saluto

Johannes Bückler

11 Agosto 2013 Corriere della Sera - Vedi qui >>>>>

mercoledì 7 agosto 2013

Perchè siamo tutti Bückler.


Caro Johannes,
leggendo i dati sul mancato recupero di Equitalia (Leggi relazione >>>>> ) forse si comprende il perché ci identifichiamo in Buckler. Come dice il motto: cittadini che non capiscono; ovvero, forse a consolazione, capiscono in senso socratico, cioè capiscono di non di capire.
Veniamo al tema. Sapere che la "demonizzazione" di Equitalia si colloca all'interno di un contesto in cui il potenzialmente recuperabile viene "realisticamente" ridotto dell' 80% dal fisco e del 44% dall'Inps, appare assai deprimente. Sappiamo da sempre che non conta tanto quanto si accerta, ma quanto si porta "in cassa" effettivamente.
La Guardia di Finanza quando comunica i dati relativi alla propria attività' finalizzata alla lotta all'evasione fa riferimento ai processi verbali di verifica, cioè alle proprie conclusioni che sono, molto spesso, ben meno consistenti di quanto si traduce in avvisi di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Quest'ultima, poi, si rapporta con il (presunto) evasore e nella fase pre-contenziosa (acquiescenza/accertamento con adesione/mediazione) lascia per strada una parte delle proprie (teoriche) pretese e per quanto viene portato davanti al giudice tributario più o meno recupera il 50% (pochi anni fa la percentuale era molto più bassa, ma non esistevano gli attuali strumenti giuridici "deterrenti", finalizzati ad eliminare le classiche pretese assurde e infondate). Giova anche segnalare che lo sbandierato recupero di più di 12 milioni (Befera, pochi mesi addietro) si riduce a poco più di 7 milioni, depurando il dato della semplice correzione di errori in dichiarazione (niente a che fare con l'occultamento di materia imponibile).
Alla fine di questo articolato percorso di "dimagrimento" del recupero teorico scopriamo che ben che vada, non riusciremo a incassare se non un misero 20%. Ovviamente c'è qualcosa che non funziona, ma non e' certo "limando le unghie" all'esattore che si può sperare in un'inversione di tendenza!
Inoltre, restringendo l'angolo visuale allo specifico interrogativo retorico che mi hai posto, anch'io ho la sensazione che quei "famosi" 121.000, da "portata minima" di 500.000 euro, non siano nemmeno lontani parenti dei possibili (?) "evasori da sopravvivenza".
Conclusione? Consoliamoci, forse ingenuamente, aggrappandoci al "segnale" di questi giorni: un noto superpotente, un intoccabile, un emblema della casta, di quel potere che della lotta che accomuna noi Buckler ne aveva fatto una semplice miserrima foglia di fico, e' stato condannato in via definitiva per evasione fiscale.
Che sia la volta buona, che si possa finalmente voltare pagina? Mai dire mai. Il colibrì e i suoi seguaci continuino a fare quanto "sentono" e a sperare.
La via di Damasco e' ancora lunga... Un abbraccio consolatorio.

Samuel Adams

domenica 4 agosto 2013

Finanziamento pubblico ai partiti: cesserà o ci stanno, per l'ennesima volta, prendendo in giro?

Caro Johannes,
credo che tra le situazioni più odiose sopportate dagli italiani possa tranquillamente essere annoverato il finanziamento pubblico ai partiti. Rifiuto che e' maturato nel tempo, stante la tradizionale diffusa "ignoranza" e insensibilità ai problemi che riguardano la collettività.
Infatti, non e' sempre stato così, ce lo ricordiamo. Il primo tentativo referendario (1974) vide uscire sconfitta (non di tantissimo, peraltro: 43,6% contro 56,4%) la corrente che ne voleva l'abolizione. Tangentopoli, fortunatamente, lascio' il segno e la nuova consultazione referendaria (1993) vide prevalere in forma bulgara (90,3% contro 9,7%) la comune volontà di far cessare "lo scempio" distorsivo di risorse, meglio impiegabili, sopportato per troppo tempo. Ma l'Araba Fenice non smentì la propria fama e ci siamo ritrovati, nello stesso anno, i "contributi" per le spese elettorali.
Il resto e' storia di oggi. O farsa...?
Johannes, aiutami a capire. Pare che sia in elaborazione un modo per eliminare il "supporto" ai partiti con risorse dello Stato, lasciando ai privati tale incombenza. Sarebbe corretto definire questo nuovo modo di conferire risorse vitali ai partiti "passaggio del testimone dal pubblico al privato" se le modalità fossero le seguenti: chi lo desidera può erogare denaro ovvero altri beni ad un partito, fatta salva l pubblicità dell'operazione. Tutto qui.
Mi pare di capire che, al contrario, quella appena descritta e' solo la prima fase del nuovo sistema. La seconda fase prevede che il privato raggiunga l'obiettivo indicato vuoi tramite il destino mirato del 2 per mille, vuoi con detrazioni dalle imposte dovute (a regime, Ire e Ires).
Se ho ben inteso ciò significa che, immaginando un unico contenitore in cui affluiscono le imposte assolte da ogni contribuente, dallo stesso si aprirebbe un rubinetto pari al 2 per mille ovvero, in alternativa, si frapporrebbe all'ingresso un filtro (la detrazione) che diminuisce l'afflusso. Ma cosa ci stanno propinando?
Ci rendiamo conto che il "contenitore" e' il salvadanaio dello Stato e che, ovviamente, il nuovo sistema ricorre comunque alle risorse pubbliche per drenare quelle da dirottare nelle casse dei partiti?
Se il monte tasse/imposte che incassa lo Stato e' pari a 100.000 e da questo togliamo 10 da dare come contributo alle spese elettorali, allo Stato rimangono risorse da impiegare a favore della collettività dei suoi cittadini per 99.990.
Se a parità di gettito teorico consentiamo di diminuire quello effettivo con detrazioni pari a 6 e di prevedere la destinazione mirata (2 per mille) per altri 4, il risultato sarà sempre identico: risorse disponibili per i cittadini 99.990.
Johannes, dimmelo tu: dovrei rallegrarmi della rivoluzione che ci viene annunciata?
Confesso di avere qualche dubbio. Il gioco delle tre carte viene praticato anche nei salotti buoni, temo.
Un caro saluto a tutti

Samuel Adams