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mercoledì 11 settembre 2013

E lo chiamavano governare (4)


26 Giugno 1983    Nuove elezioni, ma prima… 

Prima di ogni elezione che si rispetti i governi uscenti cercano di accaparrare consenso. Fanfani &C. hanno colto la palla al balzo per chiudere il contratto dei dipendenti pubblici.
Ciò in barba al buon governo, al tetto d’inflazione programmata.
Sarebbe stato più logico lasciare al nuovo governo la chiusura dei contratti, ma con le elezioni alle porte è ormai prassi (sì avete capito bene, è prassi) garantirsi la riconoscenza di una parte di elettori.
E cosa c’è di meglio di 3 milioni di dipendenti pubblici? Costo dell’operazione? 6.000 miliardi di lire in 3 anni. E poiché Goria ha appena introdotto una piccola strettina (piccola piccola) sulle baby pensioni, il ministro Schietroma (Funzione pubblica) ha appena emanato una circolare. La strettina viene eliminata. Il consenso prima di tutto.

Probabilmente Goria (o chi per lui) non era capace a far di conto. Per gli aumenti al milione e 100mila insegnanti furono preventivati 1000 miliardi di lire. Ce ne vollero 2.000.
E così per ogni settore pubblico. Alla fine i 6.000 miliardi preventivati diventarono 12.000. Conseguenza di questi errori fu che Goria rimase al suo posto, pronto in elezioni successive a diventare Presidente del Consiglio. Della serie: la competenza paga.

L’ottava legislatura è terminata da poco e diciamo la verità, ha lasciato pochi rimpianti.
La nona sta per iniziare con risultati elettorali abbastanza sorprendenti.
La DC (32,7%) ha perso il 6% dei voti e il PSI si è attestato all’11,3% lontano dalla percentuale prevista del 15%. E’ il terzo partito, ma De Mita ha deciso di togliere il veto a Craxi, che, di fatto, sta per diventare Presidente del Consiglio. Il primo socialista della storia d’Italia.



Il primo governo italiano a guida socialista ha avuto una nascita piuttosto travagliata. Forse sui programmi? Sulle responsabilità da condividere in futuro? Ma quando mai.
La presentazione del governo è slittata di un giorno e ha avuto momenti imbarazzanti per la più antica e banale delle spiegazioni: la spartizione delle poltrone.



Liberali e socialdemocratici nonostante un 7% totale hanno una grande potere, tanto da far dire a Pietro Longo “non credano i partiti maggiori di fare i conti senza di noi”. Detto, fatto. A Pietro Longo va il Bilancio con qualche migliaio di miliardi di lire da gestire.

De Mita ha tolto il veto su Craxi, ma da buon democristiano conosce la matematica. Quindi se Craxi è Presidente del Consiglio il governo deve essere democristiano. I ministri sono 29? I ministri DC devono essere 15; tra l’altro il numero perfetto per le spartizioni alle correnti. Cinque agli amici di De Mita, cinque agli amici di Piccoli e Andreotti e cinque alla “minoranza” di Forlani. Ai socialisti vanno solo quattro ministri. Non si può dire che De Mita abbia perso la partita con Craxi a Palazzo Chigi.

Alle 17, momento del giuramento, ci si accorge che manca qualcuno. Si tratta di Michele Di Giesi che dalla Marina Mercantile è passato alle Regioni. Di lui nessuna traccia. Il motivo? Di Giesi ha rinunciato. “Gli elettori non mi hanno votato per stare a guardia di bidoni”, dice. Le Regioni non sono soggetti politici e lui vuole fare politica. Bene. Una telefonata a Romita che è al mare e il vuoto è riempito. Surreale.

Craxi è emozionato e si vede. Ha persino dimenticato nella lettura dei ministri quello di Alfredo Biondi all’Ecologia. Forse per il fatto che Biondi di Ecologia non ne capisce niente. Ma questo non è mai stato un problema.

Furono tre anni, il Craxi I, di crescita e ricchezza; ricchezza che non si vedeva da almeno 20 anni. Poteva quindi, (anzi doveva) invertire la rotta. Abbandonare la via del disavanzo, controllare entrate e spese, arginare il debito pubblico e gli interessi che su di esso si pagavano.

Il primo anno promise di contenere il disavanzo in 60mila miliardi di lire. L’anno si chiuse a meno 88.000. I suoi due obiettivi erano il 10% del PIL di disavanzo complessivo e il 5% di disavanzo corrente. Si ritrovò col 17% il primo e l’8% il secondo. Questo lo faceva imbufalire. Il primo governo socialista e questi conti?
Fu così che ebbe un’idea. Poiché non diminuiva il deficit, pensò, perché non rivalutare il Prodotto interno lordo?
Si decise di quantificare il lavoro “sommerso”. E di colpo il fabbisogno scese dal 17 al 13,2%, e il disavanzo corrente dall’8% al 6%. Ma anche con questo artificio gli obiettivi rimasero lontani.

Nel giorno del suo insediamento Craxi aveva fatto una solenne promessa: calcoleremo, controlleremo e governeremo la spesa pubblica. Nel suo primo mandato non fece niente di tutto ciò.

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L'enorme debito pubblico che abbiamo (che blocca il Paese) non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

Johannes Bückler

E lo chiamavano governare. (1) (2) (3) (4(5)

Alla prossima puntata...

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