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sabato 31 maggio 2014

Fisco, una rotta da invertire. Le assurde code agli sportelli.


Dopo la “sbornia” da campagna elettorale (per Bergamo non ancora conclusa) ci voleva una nuova scadenza fiscale per farci tornare alla cruda realtà.
Ci ha pensato la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, ultima novità in tema d’imposte.
E’ una delle tre voci della Iuc (Imposta Unica Comunale in primis battezzata TRISE) che si compone anche della Tari (Tassa Rifiuti) e la vecchia Imu (applicata questa volta agli immobili diversi dall’abitazione principale).
Sulla Tari si potrebbe aggiungere che non è tanto diversa dalle vecchie Tarsu, Tia1 e Tia2, ma entrare nei dettagli rischia di procurare un mal di testa al lettore, meglio evitare.
Veniamo quindi al sodo. La prima rata di questa nuova tassa dovrà essere pagata entro il 16 giugno, ma non per tutti (cominciamo bene). Per i comuni che non hanno deliberato le aliquote, c’è tempo infatti fino all’autunno. Lo Stato ha fissato le aliquote minime e massime applicabili, ai Comuni spetta il compito di fissare sconti e agevolazioni.
All’aliquota massima del 2,5 per mille sulla prima casa il Comune potrà applicare un ulteriore aumento dello 0,8 a condizione che la differenza sia utilizzata per le detrazioni. Inoltre la Tasi, a differenza dell’Imu, la pagano pure gli inquilini. La legge prevede una quota tra il 10% e il 30% del totale a carico degli affittuari, anche questa indicata da delibere comunali.
Insomma, in nome del Federalismo Fiscale si è creato un altro mostro legislativo.
Fermo restando la destinazione sacrosanta del gettito rimango dell’idea che in futuro meglio evitare di mettere in mano ai comuni l’entità, la definizione, la gestione e la riscossione di una tassa. Considerando l’inefficienza di molti di questi è chiara la confusione e i problemi che ne possono derivare.
Tra aliquote incerte, scadenze da definire e moduli di pagamento vari ecco che diventano quindi naturali le code agli sportelli degli uffici comunali dei tributi come sta accadendo a Bergamo in questi giorni.
Per chi non ha dimestichezza con sigle, codici tributo, percentuali, aliquote e rendite (indispensabili per il calcolo) il tutto può davvero diventare un dramma.
Al netto di strumentalizzazioni fuori luogo, difficile addebitare ai nostri amministratori locali le difficoltà che i contribuenti stanno incontrando. La normativa è molto complessa e le scadenze troppo imminenti.
Nemmeno il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale riguardante i bollettini di pagamento va nella direzione auspicata.
Nonostante la legge di Stabilità ne prevedesse l’obbligo, l’invio dei bollettini precompilati è ora lasciata alla discrezionalità dei comuni. Discrezionalità che a questo punto è meglio evitare.
I comuni che non hanno deliberato le aliquote utilizzino il tempo restante per decidere con calma, preparare e inviare ai propri contribuenti i bollettini precompilati. C’è tutto il tempo necessario. Non facciamo che ci ritroviamo a ottobre con le solite code davanti agli sportelli di comuni, Caf o quant’altro.
E’ giunto il momento (ma quante volte lo abbiamo detto) di cambiare.
Le tasse vanno pagate, ma nel modo giusto, con i tempi giusti e possibilmente diminuendole. Perché se la tornata elettorale per le Europee ha certificato che “più della rabbia poté la speranza”, ora la gente chiede d’invertire la rotta.
Iniziando magari dal Fisco.

Johannes Bückler

31 Maggio 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>

domenica 11 maggio 2014

Immigrazione e reato di clandestinità. Quei facili slogan che creano paure.


Parlare oggi d’immigrazione significa affrontare una realtà particolarmente complessa.
Per qualcuno infiammare gli animi, suscitare allarmi immotivati, trasmettere rappresentazioni non veritiere e ansiogene. Per altri parlare di un movimento epocale determinato dalla speranza, per una moltitudine di persone, di lasciarsi alle spalle miseria e sofferenze. Inutile negare che lo sradicamento dalla società di origine e la convivenza con regole, norme, costumi e valori, a volte nemmeno compresi, rende difficoltoso l’inserimento di alcune di queste persone.
E’ chiaro però che non è con gli slogan che si risolvono i problemi.
Chi parla della necessità di “fermare l’invasione” dovrebbe prima di tutto rileggersi i giornali d’inizio secolo che descrivevano l’emigrazione di milioni d’italiani costretti a lasciare il Paese per cercare la stessa fortuna. E magari cominciare a raccontare le cose come stanno. Per esempio, riguardo al reato di clandestinità, dire che al momento non è stato abolito, ma è ancora vivo e vegeto. Infatti la legge 67/2014, “Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio”, concede 18 mesi di tempo al governo per abrogare il reato d’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
L’art. 2, comma 3, lettera b indica di “abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione”. Tradotto, significa che una volta abrogato il reato di clandestinità sarà più facile espellere chi entrerà nel nostro Paese senza permesso di soggiorno. A differenza di oggi, (dove il reato non prevede comunque la galera ma solo una multa), non si dovrà istituire un procedimento penale ogni volta, con i tempi e i costi che ne derivano.
Questa la realtà, e risulta difficile comprendere (o forse si comprende benissimo) come qualcuno cerchi di travisare la realtà creando tensioni e paure ingiustificate. Tra l’altro, probabilmente per la crisi, molti lavoratori stranieri stanno abbandonando il nostro Paese, lasciando nelle casse dell’INPS i contributi versati (almeno per quei Paesi che non hanno accordi bilaterali su questo tema).
E questo non è un bene, (che se ne vadano intendo) pensando ai 7,5 miliardi di contributi versati ogni anno all’INPS da questi lavoratori. Considerata l’età media nettamente più bassa di quella degli italiani (31,1 anni contro 43,5) è chiaro che sono pochissimi gli immigrati che oggi percepiscono la pensione.
In pratica queste persone danno all’INPS più di quanto ricevono e questo è destinato a durare per diversi anni, con innegabili benefici per il sistema previdenziale.
Insomma. Senza negare i problemi che qualsiasi coesistenza può generare, prendiamo atto che gli immigrati costituiscono ormai una realtà ineludibile con cui dobbiamo fare i conti e con cui dobbiamo coesistere.
Piaccia o non piaccia.

Johannes Bückler

11 Maggio 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>

domenica 4 maggio 2014

Quei politici che la fanno semplice.


Caro Direttore,
siamo un Paese malato, ma la medicina tradizionale non si occupa delle malattie di cui soffriamo da tempo.
Per guarire dallo “scaricabarile” ci vorrebbero anni di terapia intensiva e del “benaltrismo” si parla ormai come di una malattia inguaribile. Ma per non farci mancare mai niente negli ultimi tempi si sta diffondendo qualcosa di più pericoloso: “il semplicismo”. Fortunatamente non colpisce i giovani, anzi per loro ogni piccolo problema diventa a volte di una complessità insormontabile.
Stando alle statistiche sembra non colpire neppure chi cerca quotidianamente di risolvere i problemi in silenzio, senza squilli di tromba. A esserne colpiti sono soprattutto i politici e di ogni schieramento.

Per esempio, se esiste un problema di decoro in una via, qualcuno pensa che basti un pezzo di ferro incastrato in mezzo ad una panchina per sistemare le cose. Perchè il clochard sdraiato non è un bel vedere via, seduto fa tutto un altro effetto.
Certo, se poi ogni tanto il clochard si prendesse la briga di entrare pure in un negozio del centro esibendo una carta di credito il decoro ne guadagnerebbe, ma non si può avere tutto.
Comunque, a differenza di altre malattie, dal “semplicismo” si può guarire. Basta prendere atto di quello che scriveva George Bernard Shaw: “per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice. Peccato, sia quella sbagliata“.

Un caro saluto

Johannes Bückler

04 Maggio 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>