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domenica 23 aprile 2017

Immigrazione illegale. Rimpatri e rimpalli


Evitando di entrare nel merito della diatriba in tema di profughi tra il sindaco Gori e la Lega, molte persone si chiedono: “Stabilito che un immigrato non ha i requisiti per restare, perché il rimpatrio non avviene?

Perché è così difficile rimandare a casa chi non ha il diritto di rimanere nel nostro Paese?” Vediamo di capire il perché. Prima di tutto gli irregolari possono essere espulsi solo dopo l’identificazione e il lasciapassare delle autorità consolari del Paese di origine. Quindi, poiché è praticamente impossibile farlo in tempi brevi, l’unico strumento di trattenimento per queste persone sono i cosiddetti CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Essendo pochi i posti, per tutti gli altri si applica un decreto legge, l’89/2011, approvato dal governo Berlusconi e dalla Lega Nord.

Fino ad allora il decreto di espulsione prevedeva l’accompagnamento forzato alla frontiera da parte delle autorità italiane. Quel decreto ha sostituito, all’espulsione forzata, l’allontanamento volontario da concordare con la persona espulsa a cui viene semplicemente dato un periodo di tempo entro cui lasciare l’Italia. L’espulsione forzata a oggi è prevista solamente in alcuni casi, decisa da un giudice in base alla pericolosità della persona in questione.

Concretamente, a migliaia di persone che le autorità italiane non ritengono pericolose, viene semplicemente consegnato un foglio che gli ordina di lasciare l’Italia, lasciando poi agli stessi la facoltà di ottemperare o meno a quell’ordine. Alla base di tutti questi problemi (creando una notevole disparità tra i Paesi che sono più facilmente raggiungibili rispetto ad altri,) c’è comunque il Trattato di Dublino che obbliga il primo Paese ospitante a trattenere i migranti e prenderne in carico l'istanza. Trattato di Dublino II, contenente quella norma, firmato dal Governo Berlusconi e dalla Lega Nord. Per cercare comunque di snellire le procedure di riconoscimento ed espulsione è stato approvato in questi giorni il decreto Minniti sul contrasto all’immigrazione illegale.

Al suo interno ci sono norme che rendono le procedure più snelle in tema di immigrazione. Si va dai nuovi CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) che vanno a sostituire i CIE (e che passano da 4 a 20), al taglio dei tempi d'esame per le domande d'asilo. Dalla semplificazione di una serie di procedure che riguardano le notifiche dei provvedimenti da parte delle forze di polizia ai migranti, allo stanziamento di 19 milioni di euro per l'esecuzione delle espulsioni. E’ stato inoltre inserito un provvedimento che lascia molti dubbi dal punto di vista giuridico.

Per le richieste di asilo si prevede infatti l’annullamento del secondo grado di giudizio in caso di negazione del diritto (resterebbe il solo ricorso in Cassazione e nemmeno nel merito). Insomma, il provvedimento inaugura iter più snelli per i rimpatri con l’obiettivo di costruire un sistema di cooperazione con i paesi di provenienza attraverso accordi bilaterali, come già fatto con la Libia, il Niger, il Sudan o la Tunisia.

Come si vede non è così semplice rimandare nei loro Paesi chi non ha il diritto di rimanere nel nostro territorio. Soprattutto per leggi, norme e Trattati approvati proprio da coloro che oggi pretendono soluzioni semplici a problemi complessi. Che anche quando non sono sbagliate, restano comunque difficili da mettere in pratica.

Johannes Bückler

19 Aprile 2017 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>> e qui  >>>>>

giovedì 11 dicembre 2014

Migranti tra realtà e percezione.


Ci mancava pure la scusa di un presepe per scatenare l’ennesimo caso politico. Al grido di “salviamo i nostri valori cristiani”, Salvini è fiondato a Bergamo come novello Templare in difesa di Gerusalemme.
E’ chiaro che è l’ennesima strumentalizzazione politica.
Perché è facile chiedersi a quali “valori cristiani” facciano riferimento giacché poco tempo fa hanno portato gente in piazza per impedire l’operazione “Mare Nostrum”. Operazione che forse avrebbe impedito le recenti 18 morti al largo di Lampedusa. E al riguardo mi chiedo dove sia finito quel partito politico che al governo di questo Paese ha dato soluzione all’immigrazione facendo la più grande regolarizzazione di clandestini (più di 600.000).
E’ chiaro che queste strumentalizzazioni possono trovare terreno fertile in un Paese dove il “The Ignorance Index (uno studio dell’Istituto Ispos Mori per la Royal Statistical Society condotto in 14 Paesi) ha posto al primo posto per quanto riguarda l’indice d’ignoranza su alcuni temi facendo peggio di Usa, Corea del Sud, Polonia, Ungheria, Francia, Canada, Belgio, Australia, Gran Bretagna, Spagna, Giappone, Germania, Svezia.
Il rapporto mette in evidenza una cosa chiara: siamo il paese col più alto tasso di ignoranza per quanto riguarda i flussi migratori. Alla domanda “quanti sono i musulmani in Italia” la risposta è stata il 20% mentre quella corretta è il 4%. Alla domanda: “Quanti sono gli immigrati in Italia”, la risposta è stata il 30%. Quanti sono in realtà? Il 7%.
Eppure basterebbe leggere il recente “Dossier statistico immigrazione 2014” realizzato dall’IDOS per conto dell’Unar (l’Ufficio nazionale anti discriminazioni istituito dalla presidenza del Consiglio) per capire che queste strumentalizzazioni sono ormai triti e ritriti luoghi comuni.
Prendiamo per esempio gli irregolari rispetto al totale degli immigrati. Nel 1991 gli irregolari erano il 47%. Nel 2002 il 34% e poi 19% nel 2006, 17% nel 2008, 9% nel 2011, 7% nel 2012 fino al 6% del 2013.
Nel 2013 i visti per motivi di lavoro sono stati 25.683 per quello subordinato e 1.810 per quello autonomo. Mentre ben 76.164 sono stati rilasciati per «ricongiungimento familiare». Nel 2013 il più alto numero di richieste d'asilo è stato registrato in Germania con 127.000, seguito da Francia (65mila), Svezia (54mila), Regno Unito (30mila) e Italia (28mila).
Sul tema sicurezza, i dati elaborati dal 2004 al 2012 dalla Direzione centrale di polizia, dimostrano che gli immigrati delinquono meno degli italiani (il maggior numero d’immigrati in prigione è dato dal fatto che molti sono reati dipendono dal loro status d’irregolari).
Per quanto riguarda le spese, il contributo degli immigrati all’economia italiana è in attivo. Tra entrate e spesa pubblica c’è, infatti, un saldo positivo di 3,9 miliardi di euro (16,5 miliardi di euro di entrate per lo Stato a fronte di 12,6 miliardi di euro di spese). E ancora.
Gli immigrati contribuiscono in modo rilevante al pagamento delle pensioni degli italiani pur beneficiandone, data l’età più bassa, in maniera modestissima. Infatti, i versamenti dei contributi effettuati dagli stranieri (8,9 miliardi nel 2009), sono per larga parte destinati al pagamento delle pensioni degli italiani.
E’ chiaro quindi che gran parte del nostro senso della società in cui viviamo si basa su errate percezioni che spesso si scontrano con la realtà dei fatti. Questo scollamento ha ovvie implicazioni nel dibattito pubblico (spostano per esempio le priorità) e pone sfide reali ai politici.
Politici che, oltre a essere informati, devono essere quindi maggiormente responsabili.
Evitando quello che sembra ormai diventato un “modus pensandi” : “Perché cercare di capire, informarsi o impegnarsi a trovare una soluzione ai problemi quando basta trovare un capro espiatorio?”

Johannes Bückler

10 Dicembre 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

domenica 11 maggio 2014

Immigrazione e reato di clandestinità. Quei facili slogan che creano paure.


Parlare oggi d’immigrazione significa affrontare una realtà particolarmente complessa.
Per qualcuno infiammare gli animi, suscitare allarmi immotivati, trasmettere rappresentazioni non veritiere e ansiogene. Per altri parlare di un movimento epocale determinato dalla speranza, per una moltitudine di persone, di lasciarsi alle spalle miseria e sofferenze. Inutile negare che lo sradicamento dalla società di origine e la convivenza con regole, norme, costumi e valori, a volte nemmeno compresi, rende difficoltoso l’inserimento di alcune di queste persone.
E’ chiaro però che non è con gli slogan che si risolvono i problemi.
Chi parla della necessità di “fermare l’invasione” dovrebbe prima di tutto rileggersi i giornali d’inizio secolo che descrivevano l’emigrazione di milioni d’italiani costretti a lasciare il Paese per cercare la stessa fortuna. E magari cominciare a raccontare le cose come stanno. Per esempio, riguardo al reato di clandestinità, dire che al momento non è stato abolito, ma è ancora vivo e vegeto. Infatti la legge 67/2014, “Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio”, concede 18 mesi di tempo al governo per abrogare il reato d’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
L’art. 2, comma 3, lettera b indica di “abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione”. Tradotto, significa che una volta abrogato il reato di clandestinità sarà più facile espellere chi entrerà nel nostro Paese senza permesso di soggiorno. A differenza di oggi, (dove il reato non prevede comunque la galera ma solo una multa), non si dovrà istituire un procedimento penale ogni volta, con i tempi e i costi che ne derivano.
Questa la realtà, e risulta difficile comprendere (o forse si comprende benissimo) come qualcuno cerchi di travisare la realtà creando tensioni e paure ingiustificate. Tra l’altro, probabilmente per la crisi, molti lavoratori stranieri stanno abbandonando il nostro Paese, lasciando nelle casse dell’INPS i contributi versati (almeno per quei Paesi che non hanno accordi bilaterali su questo tema).
E questo non è un bene, (che se ne vadano intendo) pensando ai 7,5 miliardi di contributi versati ogni anno all’INPS da questi lavoratori. Considerata l’età media nettamente più bassa di quella degli italiani (31,1 anni contro 43,5) è chiaro che sono pochissimi gli immigrati che oggi percepiscono la pensione.
In pratica queste persone danno all’INPS più di quanto ricevono e questo è destinato a durare per diversi anni, con innegabili benefici per il sistema previdenziale.
Insomma. Senza negare i problemi che qualsiasi coesistenza può generare, prendiamo atto che gli immigrati costituiscono ormai una realtà ineludibile con cui dobbiamo fare i conti e con cui dobbiamo coesistere.
Piaccia o non piaccia.

Johannes Bückler

11 Maggio 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>