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lunedì 18 maggio 2015

Rivalutazione delle pensioni.


La realtà finanziaria del paese è un elemento da tenere in considerazione e pertanto la strumentale decisione di restituire solo una parte è giustificabile dalla condizione di bilancio, ancorchè di principio ingiusta.
Il problema vero è a chi spetta la rivalutazione ed in che misura; quasi tutte le pensioni sono calcolate sul retributivo e le prossime saranno erogate sul contributivo con un taglio sensibile rispetto al precedente sistema fino al 50%.
Non è giusto che le future generazioni garantiscano pensioni ai tanti che sono andati in pensione con 19 anni sei mesi ed un giorno che percepiscono una pensione magari non di importo elevato ma lo fanno da quando avevano solo 40 anni e viste le aspettative di vita la percepiranno per 40 anni gli uomini e per 44 anni le donne, somme mai versate; quanti nella pubblica amministrazione vengono promossi al grado superiore andando in pensione o nel privato regalare un ultimo anno a somme stratosferiche, ricordo il collaudatore di aerei della fiat, Gabrielli che passò l’ultimo anno di sevizio ad uno stipendio di 100 milioni, almeno 10 volte superiore al precedente profittando delle regole del retributivo, a danno del fondo pensione.
Bisognerebbe dire che i diritti acquisiti non si possono toccare, ma questo deve valere per tutti, i titolari di pensioni più elevate hanno nella vita lavorativa pagato tasse progressive rispetto al reddito ed oggi versano un contributo di solidarietà grazie a Monti ed un altro grazie a Letta, e per populismo oggi non vedranno una lira di rivalutazione che invece verrà erogata a coloro che stanno sotto i 3.000 € tra cui i pensionati baby.
 Una giusta decisione, visto che lo stato ha incamerato i contributi e ne ha tratto i benefici economici immediati e derivanti da rivalutazione ed interessi, dovrebbe essere quella di prendere in esame per tutti una pensione teorica, calcolata sul contributivo e sulla stessa riconoscere a tutti la rivalutazione economica spettante.
Una decisione in tale direzione eviterebbe molto probabilmente ricorsi ai tribunali amministrativi.

Pietro Angellotto 

Pomezia 18 maggio 2015 

giovedì 27 febbraio 2014

Le pensioni in El Dorado


Maggio 1979 

Il ministro del Lavoro Scotti è abbastanza seccato. Sul tavolo l’ennesima patata bollente. Questa volta è il malumore del Paese a preoccuparlo; malumore derivante dall’ennesimo scandalo delle “pensioni d’oro”. “Com’è possibile esistano ancora casi del genere. Basta, dobbiamo porre rimedio”, continua a ripetere.

Il caso è quello del pilota collaudatore dell’Aeritalia Pietro Trevisan. Ha 50 anni e 16 anni di servizio effettivo. Dopo aver riscattato altri 15 anni di servizio militare ha chiesto all’INPS quanto dovuto. La cifra? Oltre un miliardo di lire come capitalizzazione della metà della pensione e un ulteriore assegno mensile di quasi cinque milioni di lire per il resto della vita. Assurdo, ma, incredibile a dirsi, tutto regolare.



Come suo diritto, il comandante Trevisan ha scelto i dodici mesi più favorevoli dell'ultimo triennio, e cioè il 1978, con retribuzione pari a lire 133 milioni 345 mila/anno. (Appena due anni prima, nel 1976 la sua retribuzione era pari a 46 milioni di Lire/anno. Essendo prossimo alla pensione qualcuno aveva provveduto gentilmente ad aumentargli lo stipendio). 

Su questo «stipendio», avendo raggiunta l'anzianità necessaria, spetta al pilota una pensione annua pari al 93 per cento: quindi 124 milioni 10.850, quasi dieci milioni al mese. (93% avete capito bene) «All'origine di una cifra tanto alta — spiegano i funzionari Inps di Roma — ci sono almeno tre fattori: innanzitutto il forte stipendio dell'ultimo anno; poi il privilegio concesso ai piloti (e ad altre categorie) di scegliere come base per la pensione i 12 mesi più favorevoli, invece della media tra stipendi di più anni; infine la mancanza di un "tetto" che limiti queste pensioni». Il passo successivo verso la «capitalizzazione» non appare, a questo punto, particolarmente scandaloso.

Ecco il meccanismo, spiegato dal dottor Spinelli del «Fondo Volo» Inps, (il fondo che gestisce le pensioni del personale di volo): «La legge 13 luglio '65, n. 859 consente all'art. 34 la liquidazione in capitale di parte della pensione, fino ad un massimo del 50 per cento. Per esempio: su 10 milioni al mese di pensione se ne riscuotono solo cinque, rinunciando all'altra metà, che viene capitalizzata attraverso parametri e conteggi complessi. Alla base di tutto c'è l'età del soggetto: secondo tabelle sulle previsioni di vita la parte di pensione rinunciata viene moltiplicata per cinque, dieci o vent'anni». E' cosi che i cinque milioni mensili del comandante Trevisan (circa 60 all'anno) moltiplicati per 15 o vent'anni di «possibile fruizione di pensione», diventano un miliardo da ritirare a pronta cassa, detratte alla fonte ritenute erariali per circa 300 milioni. «In definitiva, 700 milioni puliti oltre alla pensione, dimezzata, di cinque milioni al mese — sottolineano all'Inps — senza nulla di irregolare.

Già, tutto regolare. Peccato che il “Fondo Volo” sia continuamente in rosso. In questo momento il deficit è di 2 miliardi di Lire. (Ma allora a pagare saranno i soliti noti!! Appunto) Molte le categorie a cui la legge offre tale possibilità (tra dì esse anche il personale Inps, fino ad un quarto di pensione capitalizzabile, e molte categorie gestite con fondi speciali di previdenza); Purtroppo nessuno ha messo ancora un limite che impedirebbe almeno di arrivare a queste cifre da capogiro. Per questo i sindacati hanno chiesto l'intervento del governo: «Bisogna impedire che vengano gonfiate artificialmente le retribuzioni di base e stabilire un tetto alle pensioni d'oro, altrimenti per l'istituto di previdenza sarà la bancarotta».

Come andò a finire. 

15 Giugno 1979 

28 Luglio 1979 

2 Dicembre 1979 

12 Marzo 1980 

10 Ottobre 1984

Alla prossima.

Johannes Bückler

P.S.  E la legge che permetteva tutto ciò? Fu naturalmente abolita. Ma con i tempi giusti (sich!!) quando si tratta di cancellare certi privilegi. Con calma, senza fretta. 
Sul sito dell’INPS si legge : “dal 1 Gennaio 2005 (per quanto riguarda il Fondo volo) non è più applicabile la capitalizzazione di quote di pensione.” 
Che dire. Meglio tardi che mai. Prosit.

martedì 18 febbraio 2014

Affinché non sia un contributo a fondo perduto.

Quanti di noi hanno avuto modo di parlare o discutere di “scala mobile”?
Ufficialmente conosciuta come “indennità di contingenza”, alla fine degli anni ’70 e inizio anni ’80, fu oggetto di una sua rivisitazione e di una riflessione sulla sua erogazione. Esisteva un “paniere”, contenente beni particolari di largo consumo.
Con riferimento all’andamento dei prezzi di tali beni, un’apposita Commissione procedeva, trimestralmente, alla verifica dell’andamento dei prezzi dei predetti beni, provvedendo - con il meccanismo della scala mobile - all’adeguamento del costo della vita.
Lo scenario economico non era come quello di oggi ma, al fine di recuperare il potere di acquisto dei salari, sindacati e Confindustria affrontarono la soluzione di questo problema.
Infatti la stessa scala mobile fu abrogata tra il 1984 e il 1992. Motivazione: qualcuno si era accorto che era nato un circolo vizioso che aveva prodotto comunque la crescita dell’inflazione.
Chiedo ancora un piccolo sforzo di memoria: spero che tutti ricordano (mi rivolgo a coloro che erano attivi nel mondo del lavoro) che ad un certo punto – proprio alla fine degli ’70 e i primi anni ’80 – si pensò (prima di abolire la scala mobile) di congelare la stessa, per le cause esposte in precedenza.
Al fine di non provocare danni notevoli ai lavoratori, i vari governi in carica decisero di sostituire il mancato adeguamento dei salari – adeguamento della scala mobile – trasformando l’importo maturato e non riconosciuto, in titoli di stato al portatore (speciali emissioni di BTP) con scadenza quinquennale e decennale e con tassi a due cifre.
Lo Stato difendeva i percettori di salari e stipendi, riconoscendo loro - a fronte degli aumenti del costo della vita - importi che producevano interessi semestrali e il capitale riscuotibile alla loro scadenza. Veniamo ai giorni nostri. Lo scenario è simile, ma non uguale, il momento è difficile e le cause sono note un po’ a tutti: disoccupazione - alta quella giovanile -, chiusura di aziende, sistema PMI che non riesce ad incassare i crediti nei confronti dello Stato a fronte di servizi offerti, e tante altre ragioni ben note a chi segue l’andamento della crisi di questi ultimi anni.
Sono sotto gli occhi di tutti anche le iniziative che lo Stato ha provato a realizzare e i risultati ottenuti.
Mi riferisco in particolare ai provvedimenti nei confronti dei c.d. “pensionati d’oro”. Tutte persone benestanti, che vivono di rendita, con case di lusso ai Caraibi e Jet privati. Questo è quanto ha immaginato chi ha provveduto ad emanare i provvedimenti, o suggerire soluzioni inopportune e non soffermandosi sulla loro incostituzionalità.
Ciò premesso - tralasciando tutto il resto che è sotto gli occhi di tutti – mi viene spontaneo suggerire (agli autori di quei provvedimenti) di valutare la possibilità di riconoscere un ristoro ai pensionati colpiti dall’obbligo di versare il “contributo di solidarietà” e subire il blocco della perequazioni.
In particolare - fermo restando il prelievo del contributo e il blocco della perequazione, nelle forme e nelle percentuali previste - sarebbe interessante considerare questo prelievo una forma di “prestito forzato” alle casse dello Stato.
Per questo motivo lo stesso Stato, si impegnerebbe - con l’emissione di particolare forme di titoli di stato - a restituire le somme trattenute alla scadenza dei titoli.
Gli obiettivi sarebbero interessanti: intanto noi pensionati oggi svolgiamo il ruolo di ammortizzatori sociali e, solo grazie a noi, molti giovani (figli e nipoti) possono permettersi di sopravvivere alle difficoltà del momento.
Inoltre si garantirebbe il recupero (e non il versamento a fondo perduto) a distanza di anni, forse in un momento migliore per le nostre finanze, di somme che farà certamente comodo disporre.
Lancio l’idea, sempre in forma provocatoria, nella speranza che siano altri - più importanti ed esperti di chi scrive - a sostenere la causa e proporsi come sostenitori della soluzione di questo problema.
Saluti
Rino Impronta

venerdì 23 agosto 2013

Come distruggere il futuro dei propri figli.


 29 dicembre 1973 - Le baby pensioni.

Oggi le baby pensioni sono entrate in vigore col decreto Dpr 1092, Presidente del Consiglio Mariano Rumor, uno dei leader dorotei. Il 1973 se ne sta andando e molte cose sono accadute durante l’anno. Il 14 gennaio il concerto di Elvis Presley, “Aloha from Hawaii” per esempio. E’ il primo della storia della tv ad essere trasmesso in tutto il mondo via satellite.
Il 27 gennaio gli accordi di Parigi hanno definitivamente messo la parola fine alla guerra del Vietnam e il 4 aprile a New York è stato inaugurato e aperto al pubblico il complesso “World Trade Center”, le famose “ Torri Gemelle”.
Pochi giorni fa, il 17 dicembre, un gruppo di terroristi ha attaccato un aereo della Pan Am all’aeroporto di Fiumicino provocando 30 vittime.
E’ un anno difficile, di forti tensioni sociali e gravi difficoltà economiche. Una crisi petrolifera ci obbliga all’austerity e costringe molti di noi a sacrifici a cui non siamo abituati. Molti sacrifici, ma non per tutti.
Quel Dpr sta per trasformare alcune categorie e le sta rendendo privilegiate; per loro, il nostro Paese, sta per diventare il Paese della cuccagna.

La riforma concede, ai soli dipendenti pubblici, la possibilità di andare in pensione dopo 19 anni e sei mesi per gli uomini, 14 anni sei mesi e un giorno per le donne con prole, e 24 anni sei mesi e un giorno per i dipendenti degli enti locali. Una bella botta diciamolo. E così, mentre “La collina dei ciliegi” di Lucio Battisti imperversa al primo posto nella classifica dei 45 giri, il governo introduce una riforma che inciderà fortemente sulla sostenibilità del sistema.

Tutto torna. Ai “soliti noti” sono richiesti sacrifici: la domenica a piedi, illuminazione ridotta, cinema chiusi alle 22 e fine trasmissioni Tv alle 22.45. Ma se applichi misure di austerity, se sei costretto a fare provvedimenti non digeriti da una parte del Paese, il consenso lo devi pure recuperare da qualche parte, accidenti. E’ il classico modo di fare politica senza rendersi conto della irresponsabilità e soprattutto dell’insostenibilità di questo genere di misure.

Si capiva già allora perché molti continuassero a votare quei partiti: chi mai avrebbe voluto cambiare chi ti garantiva di questi privilegi?

Quanto ci costano oggi.

Oggi le pensioni erogate a persone che hanno lasciato il lavoro prima dei 50 anni di età sono circa 530.000.
Per la maggior parte sono al Nord e ci costano complessivamente oltre 9 miliardi l’anno.
La Confartigianato ha elaborato al riguardo dei dati impressionanti. Mediamente queste persone restano in pensione per 41 anni. 17.000 pensioni riguardano dipendenti pubblici che hanno lasciato il lavoro a 35 anni di età.
Considerando l’età media stimata si prevedono 53, 9 anni di pensione.
Altri 78.000 sono andati in pensione tra i 35 e i 39 anni. Anni di pensione stimati: 47,4.
Si tratta di cittadini che riscuoteranno più o meno il triplo dei contributi versati. Per chi non avesse ancora ben chiaro il problema viene in soccorso uno studio di Confindustria.
Gli oltre 9 miliardi che spendiamo per le pensioni baby attuali sono esattamente il doppio dei circa 180.000 eletti del sistema politico nazionale. Cioè il doppio di quanto ci costa la cosiddetta casta.

Qualcuno in passato ha proposto un contributo di solidarietà dell’1% per le pensioni baby. Come al solito c’è stata una levata di scudi sul fatto che i diritti acquisiti non possono essere toccati.

Naturalmente i colpevoli non sono i baby pensionati, che hanno solo utilizzato una legge dello Stato, ma i politici e tutti coloro che hanno continuato a sostenerli. Direi molti italiani.

Le baby pensioni vennero eliminate dal Decreto legislativo 503 del 30 dicembre 1992. In alcune Regioni molto tempo dopo.

Johannes Bückler