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lunedì 19 dicembre 2016

E lo chiamavano governare (15)


Fanfani VI.

17 aprile 1987 
Oggi Amintore Fanfani ha giurato nelle mani del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. E’ il quarantaquatresimo Governo della Repubblica italiana, il terzo e ultimo della IX Legislatura.
Ma come si è arrivati a Fanfani dopo le dimissioni del Governo Craxi II?
Facciamo un passo indietro.

04 marzo 1987
Ricordate il “Patto della Staffetta”? (Leggi qua >>>>>). A seguito del mancato chiarimento politico fra la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista, il Presidente del Consiglio Bettino Craxi aveva rassegnato le proprie dimissioni.
Tradotto.
Dato che il Presidente del Consiglio Craxi aveva “rinnegato” l’accordo (Patto della staffetta) che avrebbe condotto un esponente della Democrazia Cristiana a subentrare alla guida del governo nell’ultimo anno della legislatura, la DC aveva deciso di mandare all’aria il Pentapartito.

Rifacciamo il percorso visto nel cap. 14.

09 marzo 1987
Giulio Andreotti riceve dal Presidente della Repubblica l’incarico di formare il nuovo governo. Accetta, sottolineando comunque “il valore non rituale della propria accettazione”.

25 marzo 1987
Giulio Andreotti restituisce il mandato per le “permanenti posizioni differenti” sui referendum emerse nella maggioranza “pentapartito”.
I referendum erano stati presentati dal Partito Radicale, dal Partito Liberale Italiano e dal Partito Socialista Italiano. Riguardavano la responsabilità civile dei magistrati, l'abrogazione della Commissione inquirente e tre sul nucleare. La DC e il PCI erano inizialmente ostili ai quesiti. Inizialmente.

26 marzo 1987
Cossiga affida al Presidente della Camera dei deputati, Leonilde Jotti, un mandato esplorativo “per acquisire ulteriori elementi di conoscenza e di valutazione della crisi”. A conclusione dei propri sondaggi, la Jotti comunica al Presidente della Repubblica l’esistenza di «tenui possibilità di formare un governo che porti a termine la legislatura». E rinuncia.

1 aprile 1987
Dopo il fallimento Cossiga fa un altro tentativo. Respinge le dimissioni del governo Craxi, e lo invita a “parlamentarizzare” la crisi. Secondo Cossiga, “la sola via percorribile, congrua e conforme ai principi del nostro regime rappresentativo e parlamentare” è quella del rinvio del Governo dimissionario alle Camere.

8 aprile 1987
Craxi si è presentato al Senato. Prima del dibattito parlamentare trova una lettera. E una sorpresa. Tutti i ministri democristiani del suo governo rassegnano le dimissioni. Che fare? Craxi sa benissimo che l’annuncio di nuove dimissioni comporterebbe l’impossibilità di un voto sul rapporto di fiducia (che vuole Cossiga). Ma sa anche che parlamentarizzare la crisi lo porrebbe di fronte ad un problema costituzionale in presenza delle dimissioni di buona parte dei ministri del Governo.
Fece una via di mezzo. Affrontò il dibattito parlamentare e subito dopo rassegnò le dimissioni senza aspettare il voto di fiducia. Amen.

10 aprile 1987
Dopo le dimissioni di Craxi , Cossiga affida l’incarico di formare il nuovo Governo al presidente del Senato, Amintore Fanfani. Come esponente della DC e non come Presidente del Senato.
Fanfani rifiutò subito. Non c’erano le condizioni. Era pur sempre il Presidente del Senato e doveva essere super partes, quindi poco adatto ad entrare in un confronto politico-parlamentare nella costituzione di un nuovo Governo.

11 aprile 1987
“Ma sì, proviamo anche Scalfaro” pensò Cossiga. Chi meglio di un Ministro dell’Interno fuori dalle correnti DC può formare un Governo?


14 aprile 1987
Scalfaro, prendendo atto dell’impossibilità di un accordo tra le componenti del “pentapartito”, rinuncia all’incarico

15 aprile 1987
Cossiga convoca di nuovo Amintore Fanfani. Questa volta come Presidente del Senato. E come tale lo invita a formare un nuovo governo istituzionale.


17 aprile 1987

Dopo innumerevoli sforzi per cucire strappi interni, Fanfani e il suo Governo, si è presentato al Quirinale per giurare davanti al Presidente della Repubblica.

Fanfani, come richiesto da Cossiga, non formò un ennesimo governo monocolore.

Presentò un governo “monocolore scolorito” con tre componenti essenziali. Quella istituzionale (lui come Presidente del Senato e non rappresentante DC), quella tecnica formata da nove esperti (che sostituivano i componenti laici del governo Craxi) e la componente “monocolore” rappresentata dai ministri riconfermati del partito di maggioranza relativa del governo uscente.

Nel frattempo Craxi se n’è andato dall’Italia. E’ volato in Tunisia, nella sua Hammamet. Non vuole essere disturbato.

E poteva mancare un giudizio di Giulio Andreotti? Nella rubrica Block Notes pubblicata sull’Europeo ha scritto che "il naufragio del pentapartito gli ricorda il matrimonio andato in frantumi di due suoi amici dopo un aspro litigio perché le ampolline dell’olio e dell’aceto erano rimaste senza tappo". Naturalmente l’ultimo litigio non era la vera causa del divorzio, ma la famosa ultima goccia in un vaso riempito ogni giorno da incomprensioni, malumori e un’accentuata incompatibilità caratteriale.

A questo punto qualcuno di voi avrà esclamato “Finalmente un governo”. Dimenticando una cosa fondamentale di quegli anni. Avere governi stabili, fare le riforme necessarie al Paese, risolvere i problemi, era l’ultimo dei loro pensieri.
 Infatti il dibattito parlamentare dimostrò chiaramente che il Governo Fanfani si era presentato alle Camere non per avere la fiducia del Parlamento, ma con l’obiettivo. chiaro, esplicito e dichiarato, di vedersela negata la fiducia.

Non ci credete?

18 aprile 1987
Il Governo si reca alla Camera dei Deputati. Durante la presentazione del programma il dibattito è acceso.
E fin qui.

28 aprile 1987
Ci siamo. Oggi l’esecutivo di Fanfani è in aula per la fiducia. La Iotti legge le tre mozioni di fiducia presentate. Sono quelle Dp, radicale e democristiana.
Fanfani sceglie che il voto avvenga sulla base di quest' ultima che porta la firma di Martinazzoli. Poche righe “La Camera, udite le comunicazioni del governo, le approva”.
Chiaro e semplice.

Ore 10.30
Bettino Craxi, prende la parola. Annuncia che il Psi voterà la fiducia a Fanfani. Il primo impulso sarebbe stato quello di un voto contrario ma, in nome dell' interesse generale del Paese (sich!) , Craxi chiede a Fanfani di fare il suo dovere E che si facciano i referendum alla data stabilita.

(Pochi giorni prima è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un d.d.l. che consente, eccezionalmente, lo svolgimento dei referendum nello stesso anno delle elezioni politiche).

Elezioni politiche?
Ma il nuovo governo non è in aula per chiedere la fiducia? Craxi dice che non è un trucco, non è una trovata. E se Fanfani, ottenuta la fiducia si dimettesse? E noi andiamo al Quirinale, replica Craxi. Per chiedere a Cossiga un nuovo incarico, per un laico. Diremo a Cossiga che in ogni caso non deve sciogliere le Camere.

In seguito i gruppi referendari chiesero un incontro a Cossiga per sollecitare un ulteriore passaggio che evitasse lo scioglimento delle Camere. Cossiga rifiuterà l’incontro.

Rino Formica sta spiegando la mossa di Craxi ad alcuni esponenti del suo partito. Vicino a lui a Rutelli, entusiasta della trappola tesa alla Dc. Arriva Mancini e si congratula con Craxi.
Mentre parlano fra di loro qualcuno li informa che la Dc sta decidendo di astenersi per fermare le conseguenze della mossa socialista. La DC farà mancare i voti necessari a far raggiungere la maggioranza ad un governo formato quasi esclusivamente da ministri democristiani.
Il circo Barnum continua.

Sono le 11.00
Viene chiesto ai comunisti di astenersi. Inascoltati. Il fronte socialista-radicale di Pannella favorevole alla fiducia. Anche se la maggioranza del Psi si era espressa per il voto contrario o l'astensione, Craxi ha deciso diversamente. Come sempre.

Dp annuncia voto di fiducia a Fanfani. Scotti scuote la testa. In aula la Sinistra Indipendente annuncia il suo voto contrario. Altissimo non sa più a che santo votarsi. Promette l'astensione, forse.

Il Psdi sulla linea Craxi-Pannella: fiducia a Fanfani. Giorgio Ruffolo, socialista, non ce la fa a dire sì a Fanfani. Si asterrà. Una ventina di democristiani (tra cui Piccoli), non se l'è sentita di non dire sì a Fanfani. Ma stanno lontano dai banchi. Il PRI è per l'astensione.

Il PCI ed MSI motivano il loro no. Sono già alla campagna elettorale. "Si ricordino gli elettori di quello che sta avvenendo", ripetono. Tocca a Martinazzoli spiegare l’inspiegabile: l'astensione dc sulla propria mozione di fiducia a Fanfani. Ridicoli. Ormai la politica è altrove.

Martinazzoli dice di aver demolito la mossa di Craxi. Visto che la mossa di Craxi è solo una finzione allora non ci asteniamo. (sich!!!) “E' vostro l'inganno, siete voi l'inganno” grida Craxi dal suo banco.
E’ De Mita a spiegare il tutto: “ L' inganno è il loro, sono contro Fanfani e votano per lui” Allora noi, che siamo a favore, ci asteniamo (in pratica un voto contro). Il circo continua.

Martinazzoli va oltre. “Io ho dovuto fare una cosa che non avrei mai voluto fare, una cosa che rende più difficile il mio rapporto con la politica. Ma era necessario, hanno spinto il gioco oltre misura”.
De Mita spiega ai ministri e sottosegretari dc (preoccupati) che loro possono votare la fiducia, non devono astenersi. E’ il momento del voto. Tutti a votare e poi i saluti di rito.
Il circo può chiudere i battenti.

Non prima di aver dato i numeri della votazione. 131 voti favorevoli, 240 voti contrari e 193 astensioni. Alle 15 e 40 Nilde Iotti comunica che il governo Fanfani non ha ottenuto la fiducia. Fanfani rassegna le dimissioni.

Ore 14.30
Sentiti i Presidenti delle Camere ed il Presidente del Consiglio dimissionario, Cossiga procede a sciogliere le Camere e a indire nuove elezioni.

Dopo 11 giorni di beghe, di colpi di scena, di ripicche, di rinunce e di comportamenti irrazionali il Governo Fanfani si dimise.
Dopo soli 11 giorni. Restò in carica fino al 28 Luglio, esattamente per 102 giorni (11 di governo e 91 di crisi).
Di regola, mancando la fiducia, il Governo resta in carica solamente per il disbrigo degli affari correnti. Non fu così. C’erano da nominare il Capo di Stato maggiore della Difesa, il segretario del comitato esecutivo per i servizi di sicurezza, il presidente dell’Agenzia per il Mezzogiorno e molti altri.

Giusto. In fatto di nomine chi meglio di loro.
Sul piano legislativo poi il governo svolse attraverso i decreti legge una notevole attività fregandosene di tutto e di tutti.

E questo è tutto. Due mesi di comiche e forse a qualcuno di voi è pure venuto il mal di testa. E ho solo scritto delle consultazioni ufficiali.
Vi garantisco che anche per gli addetti ai lavori fu difficile seguire il vortice di tutte le consultazioni

Oltre a quelle quelle ufficiali, (di cui ho scritto solo un sunto), ci furono anche quelle ufficiose, limitate, esplorative, segrete, illimitate, per mandato presidenziale, per iniziative personali, per incarico del partito. E poi c’era quello della portinaia, del macellaio di fiducia, del panettiere sotto casa. Insomma, veramente un circo.
Dove Fanfani si consultava con Spadolini che consultava Natta che, mentre consultava Pannella, si consultava con Nicolazzi che si era appena consultato con Andreotti e Forlani.

A questo punto ognuno tragga le proprie conclusioni. Ricordando che loro, questo modo di fare, “lo chiamavano governare”. Loro.



Johannes Bückler
P.S. Ricordate i referendum? Si tennero eccezionalmente l’8 novembre dello stesso anno delle elezioni. La caduta del governo lì spostò solo di pochi mesi. La Dc e il PCI erano inizialmente contrari, cambiarono idea quando capirono che il “Sì” avrebbe vinto. Il cambio di rotta per evitare eventuali ripercussioni politiche nel caso di sconfitta del “No” imperniato sull’asse DC e PCI contrapposto ad uno schieramento laico formato dai Radicali e dal PSI.
In quel momento (ma non solo) nessuno prendeva decisioni pensando al Paese, ma solo al proprio tornaconto politico.

Nei referendum i Sì si attestarono sull’80%.

Al prossimo assalto alla diligenza…

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L'enorme debito pubblico che abbiamo (e che blocca il Paese), non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

E lo chiamavano governare. (1) (2) 3 (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) (13) (14) (15)