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mercoledì 24 ottobre 2018

La "pace fiscale. Chiamatelo condono.


Nel 1921 Giuseppe Prezzolini, nel suo Codice della vita italiana al capitolo I, scriveva: “L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono”.
Sono passati quasi 100 anni e la situazione non è cambiata.
C’è chi paga le tasse (i fessi) e chi (i furbi) usufruisce di tutti i servizi gratis gentilmente offerti dai primi. Ma c’è di più. Ogni volta i nuovi governi non trovano di meglio che fare un bel condono per dimostrare ai fessi, che nel frattempo stanno magari pensando che pagare le tasse è un dovere civico, che sono più fessi di quello che credono. E non basta.
Ti vengono pure a raccontare la favoletta che pagare una flat tax del 20% non è un condono, ma una "pace fiscale" o al massimo una “definizione agevolata”. Che teneri. Si arrabattano per trovare qualche miliardo quando sanno benissimo che alle casse dello Stato vengono sottratti ogni 12 mesi 97 miliardi di tasse e quasi 11 miliardi di contributi previdenziali.
“La situazione fiscale italiana è caratterizzata da clamorose ingiustizie. L’evasione fiscale è un fenomeno deteriore che deve essere progressivamente ridotto ed eliminato”. Era il 30 marzo 1984 quando Bettino Craxi pronunciava queste parole.
Qualcosa è cambiato da allora, ma in peggio. Con Berlusconi, che nel 2004 arrivò a dire che era “legittimo non pagare le tasse alte”. Dimenticandosi poi di abbassarle quelle tasse alte. Con quelle parole si pensava di avere toccato il fondo, invece doveva arrivare un “governo del cambiamento” per fare esattamente le stesse cose dei governi precedenti.
Hai pagato tutte le multe e tutti i bollettini che il tuo comune ti ha inviato? Sei stato un fesso. Tu non hai pagato nulla? Puoi dormire sonni tranquilli, ci pensiamo noi. Siamo seri. Che quello che sta scritto nella manovra sia un condono lo capiscono anche i sassi. Una cosa impostata come un condono e che funziona come un condono è un condono, punto.
 Bene ha fatto il presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia, a ribadire che il condono fiscale appena varato dal Governo “è un messaggio sbagliato per tutte quelle aziende e per tutti quei lavoratori dipendenti che le tasse le pagano e le hanno sempre pagate. Non fa bene alla crescita del Paese. Questa scelta ci ha lasciato molto sorpresi, si sbandiera tanto il cambiamento e poi si rispolverano armamentari del passato”.
Giusto inoltre ricordare che l’art. 53 della Costituzione commisura il carico fiscale alla capacità contributiva del cittadino con criteri di progressività. Questi ripetuti condoni, concordati fiscali, pace fiscale, scudi e compagnia cantando, pur non eliminando in toto la progressività impositiva, hanno reso quest’ultima pressoché insignificante. E la cosa non dovrebbe essere inaccettabile sul piano della democrazia sostanziale.
Certo. Lo sappiamo da sempre. Gli italiani, allergici alle tasse, sono tra i più grandi estimatori dei condoni. Con buona pace di chi le tasse le paga tutte. Però fateci un favore. Chiamatelo “condono” non “pace fiscale”. Fessi sì, ma evitate di trattarci anche da idioti. Almeno quello.

Johannes Bückler

23 Ottobre 2018 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>