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sabato 27 settembre 2014

I nostri ragazzi vogliono sentirci.


Marco frequentava il Liceo Lussana a Bergamo. Il primo giorno di scuola si è presentato in classe, ha lasciato lo zaino vicino al suo banco ed è uscito dall’aula. Passando dalla scala di emergenza è salito fino al quarto piano e si è lanciato nel vuoto. E’ morto due giorni fa all’Ospedale di Bergamo. 

La morte di Marco è una di quelle notizie che non vorremmo leggere mai.
Quando accadono questi fatti nella testa ci frullano mille domande a cui è difficile dare una risposta.
Noi adulti tendiamo generalmente a vedere l’adolescenza come un periodo di confusione, di sofferenza, dove i cambiamenti d’umore sono all’ordine del giorno. Gli esperti ci dicono che è nell’ordine naturale delle cose, che è una fase che abbiamo passato tutti e che serve a crescere. Già. Poi incontri sulla tua strada un ragazzo di 15 anni che il primo giorno di scuola preferisce andarsene piuttosto che affrontare quello che tutti ci dicono essere “la normalità” e tutto questo castello di certezze ti crolla addosso.
Forse è inutile farsi troppe domande. Inutile chiedersi se sia stata la confusione, la mancanza di un minimo di felicità e di gioia, l’inquietudine o chissà che altro a fargli compiere quel gesto. Non lo sapremo mai.
Quello che è certo (ed è inutile negarlo), è che esiste il problema dei tanti, troppi ragazzi che non ce la fanno a superare questo momento della vita. Inutile anche tentare di allontanare il pensiero che in fondo queste vicende non ci riguardano.
Ci riguardano eccome, tutti. Pensiamo che ai nostri ragazzi ormai non manchi niente solo perché possiamo, a differenza dei nostri padri, esaudire molti dei loro desideri materiali e pensiamo con questo di aver ottemperato ai nostri doveri di genitori. Non solo. Pretendiamo che la scuola si faccia carico di lacune che noi stessi a volte evitiamo di colmare.
Ma cosa possiamo chiedere alla scuola. Possiamo forse pretendere che ogni insegnante sia, per ogni alunno, educatore, tutor, guida di vita, psicologo, amico o chissà che altro?
Una cosa la possiamo pretendere, quella sì, ma questo vale soprattutto per noi genitori.
Ed è quello di sapere che i nostri ragazzi non hanno solo voglia d’imparare, non hanno solo voglia di “prendere un diploma”, ma vogliono soprattutto raccontare, condividere, confidarsi e farsi ascoltare; insomma, hanno voglia di vivere. Ed è qui che forse manchiamo un po’ tutti.
Cosa possiamo fare? Non lo so, ma una cosa è certa. Non smettiamo mai di parlare con loro. E’ il silenzio degli adulti che fa loro più male.
Meglio un sano frastuono al silenzio dell’indifferenza. Nel frattempo facciamo in modo d’imparare da questi tragici fatti, cominciando da oggi.
In fondo non ci vuole molto. Basta una semplice risposta alla domanda: quando è stata l’ultima volta che abbiamo abbracciato stretto nostro figlio o nostra figlia e abbiamo detto loro “ti vogliamo bene, ricorda, per qualsiasi cosa noi ci siamo e ci saremo sempre?”

Johannes Bückler

27 Settembre 2014 - Corriere della Sera - Bergamo

giovedì 18 settembre 2014

La Macchina del tempo. Anni 1995-2000 Il Coni.


"C.O.N.I, Comitato Olimpico Nazionale Italiano" 

C.O.N.I, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, è un ente pubblico non economico disciplinato da norme caratterizzate dal perseguimento di un fine pubblico.
E meno male.
Nel 1995 il bilancio registra un buco di 27 miliardi di Lire. Nel 1996 il buco sale a 53 miliardi di Lire. Nel 1997 il buco è di Lire 44 miliardi. Nel 1998 sale a 145 miliardi di Lire. Nel 1999 a 198 miliardi e nel 2000 il buco tocca la quota di 227 miliardi.

Tranquilli, il segno meno è  ricorrente nei bilanci, ma qualche segno più c’e. Eccome se c’e. Per esempio le assunzioni hanno sempre il segno più. (Il Coni ha circa 3.000 dipendenti). Per non parlare degli enormi aumenti dati ai dipendenti e degli immensi sprechi. Delle continue promozioni di massa del personale, per esemio. Per questo lo Stato deve continuamente metterci una marea di soldi. Soldi che servono anche a pagare il sontuoso stipendio del Segretario Generale. 200 milioni lordi l’anno, più naturalmente la classica indennità: 60 milioni l’anno.

Con questi bilanci si va a firmare un nuovo contratto. E che dice la Corte dei Conti?

Il Ministro per i beni e le attività culturali Giovanna Melandri è l’artefice della riforma del Coni. Malgrado la feroce opposizione, è riuscita a far approvare il decreto. Il Coni rimane un ente pubblico, mentre le federazioni diventato soggetti di diritto privato. Buone le intenzioni. Cercare di razionalizzare l’enorme spesa,  soprattutto quella per il personale. Detto, fatto. Il rapporto tra dirigenti e impiegati nei Ministeri non economici è di 1 a 52. Nel Coni il rapporto è di 1 a 27. Per la precisione ci sono 2843 impiegati e 102 dirigenti. La retribuzione base mensile di un Dirigente Generale (esclusa l’indennità di cui sopra) è di 17.400.000 Lire. Quello di un Dirigente di qualifica è di 10.400.000 Lire. Più la solita indennità naturalmente.
Note interessanti nel  contratto di lavoro dei dipendenti. L’articolo 41 concede ai dipendenti del Coni di lavorare 35 ore settimana.

In caso di lavoro festivo si è pagati con la dovuta maggiorazione, ma viene aggiunto anche un giorno di ulteriore riposo (art. 44).

Il contratto di lavoro prevede anche che un dipendente che decide di dimettersi ha tempo 5 anni per poterci ripensare. Nel caso deve essere riassunto. Mantenendo l’eventuale sostituto. (art. 20)

Nel caso un dipendente debba essere trasferito in altra sede, dovranno essergli rimborsate tutte le spese di viaggio, vitto, alloggio per sé (tenetevi!), per tutta la sua famiglia (tranquilli non è finita, state comodi), per tutti i parenti entro il terzo grado e affini sino al secondo grado. (e adesso pensate una parolaccia, quella che volete).

Per contratto i dipendenti possono avere dal Coni borse di studio per i figli, teatro, nuoto, tennis, basket e uncinetto per le mogli. Centri estivi per i figli piccoli e vacanze di studio all’estero per i figli che faticano a imparare l’inglese a scuola.

Come se non bastasse servono 21 miliardi di Lire ogni anno per pagare le pensioni a ex dipendenti.

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Perché sono stati possibili tutti questi sprechi? Il motivo è semplice. Nonostante quello che si dice, gli italiani hanno sempre saputo distinguere tra un politico onesto, capace e rigoroso nell'utilizzare i soldi pubblici e uno sprecone,  disposto a distribuire favori solo in cambio di voti.
E hanno sempre votato di conseguenza.

Il labirinto del cittadino.


Siamo un Paese malato di riforme, logica conclusione osservando quello che accade da molti anni.
A ogni cambio di governo si pone lo stesso problema: le riforme come punto fondamentale per un ammodernamento del Paese.
E riforme significa nuove leggi. Ma al Paese servono veramente nuove norme, nuove regole, nuove direttive, nuovi cavilli? O serve invece delegiferare, semplificare, eliminare ostacoli, ridurre il numero delle leggi cercando magari di far rispettare (quello sì) quelle esistenti?
Oltre 160.000 leggi non sono ancora sufficienti? Avere 20-30 volte il numero delle leggi della Gran Bretagna, della Francia o della stessa Germania non rischia di far morire il Paese in un labirinto regolamentare nel quale cittadini e imprese difficilmente riescono a orientarsi?
E vogliamo parlare dei 21 regimi fiscali regionali diversi, degli 8.100 regimi fiscali comunali e dei 104 regimi fiscali provinciali? Può capitare che in questo ginepraio al cittadino siano persino richiesti tributi non dovuti (pure!).
E’ accaduto tempo fa con la Tia (Tariffa per l’Igiene Ambientale che dal 1999 in molti comuni aveva sostituito la Tassa Smaltimento Rifiuti Solidi Urbani) quando a oltre 6 milioni di cittadini era stata applicata l’Iva al 10%. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 238 del 24 luglio 2009 (e successivamente, nel 2012, con sentenza della Corte di Cassazione), ha stabilito che la TIA, così come disciplinata dal Decreto Ronchi, è una «tassa» e non una «tariffa», pertanto, sulla stessa non è applicabile l'Iva.
L’errore è stato evidente, ma errare è umano pensavamo, è sufficiente rimborsare ai cittadini il dovuto. E quando mai. Sono passati due anni e ancora niente all’orizzonte, di rimborsi nessuna traccia.
Ora veniamo a sapere che dopo la Tia anche la Tefa (un giorno lo voglio conoscere quello che inventa queste sigle) è stata fatta pagare ai cittadini dal 2006 al 2008 malgrado, in quegli anni, non fosse dovuta. La Tefa (tributo per l'esercizio delle funzioni ambientali) è un'addizionale destinata alle Province, che si applica in percentuale sull'importo della componente rifiuti.
Ad accorgersi del vuoto normativo un consigliere d’opposizione di Torre Boldone, Alberto Ronzoni, che ha già fatto protocollare la richiesta di rimborso in Via Tasso. Logico pensare che altri comuni presto lo seguiranno, anche perché la prescrizione è fissata nel 2016. A questo punto, visti i precedenti, credo che difficilmente il tributo potrà essere rimborsato. Da chi poi.
E se l’importo totale è di circa 9 milioni di euro, con quali soldi? Come per la Tia tutto finirà presto nel dimenticato e con essa la fiducia nelle istituzioni. Ma una domanda alla Provincia la possiamo fare: va bene (va bene proprio no, ma ormai...), abbiamo pagato un tributo non dovuto, ma ora ci potete dire almeno come è stato speso?
Il Legislatore parlava di “funzioni amministrative d’interesse provinciale riguardanti l’organizzazione dei rifiuti, il rilevamento, la disciplina e il controllo degli scarichi e delle emissioni e la tutela, difesa e valorizzazione del suolo”. Al riguardo, cosa è stato fatto con quei soldi? Almeno questo ce lo dovete.
Nel frattempo, prenderemo atto (per l’ennesima volta) che, quando si parla di rimborsi, vale sempre quanto scritto da Peppino Fiorelli molti anni fa : “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdàmmoce 'o ppassato, simmo 'e Napule paisà”. O di Bergamo, tanto in questi casi, l’unità d’Italia è fatta da tempo.

Johannes Bückler

18 Settembre 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - >>>>>

martedì 9 settembre 2014

Tasi, bollettini e contribuenti non rispettati.


Caro Direttore,
ci siamo. Entro mercoledì 10 settembre la telenovela sulla Tasi (Tassa sui Servizi Indivisibili) dovrebbe giungere al termine (il condizionale è sempre d’obbligo quando si parla di tasse).
I comuni, infatti, dovranno deliberare entro quella data l’aliquota che permetterà loro di garantire alla collettività servizi come la manutenzione delle strade o l’illuminazione comunale.
Prima della proroga avevamo auspicato che, vista la nuova scadenza, i comuni si sarebbero attrezzati per inviare a casa di ogni contribuente il bollettino debitamente compilato. Pensavamo: se pagare le tasse non è mai “bello” (anche se dovuto), sicuramente ci verranno risparmiate code e commercialisti al seguito. Ci tengono a noi cittadini, (anche e soprattutto prima di ogni campagna elettorale). Ma quando mai.
Veniamo a sapere che per quanto riguarda Bergamo la banca dati non è aggiornata. Chiedere perché non sia stata aggiornata, chi la doveva aggiornare e quando, credo sia inutile, non otterremmo risposta. Si poteva sperare almeno nei comuni più piccoli. Speranza vana anche lì.
Se pensiamo che al momento solo 4.752 comuni su 8.057 hanno pubblicato la delibera sul portale del federalismo fiscale del dipartimento delle Finanze, si comprende che molti amministratori hanno preferito trascorrere l’estate in tutt’altre faccende affaccendati.
Nella nostra Provincia sono ben 68 i comuni che mancano all’appello. E se un comune non delibera entro mercoledì? Tranquilli, nessun problema.
I contribuenti dovranno pagare la Tasi annua per il 2014 entro il 16 dicembre, ma con l’aliquota statale.
Con tanti ringraziamenti (anche per il mancato invio del bollettino precompilato) ai nostri amministratori.

Un caro saluto

Johannes Bückler

9 Settembre 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - >>>>>