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domenica 13 aprile 2014

No all'euro. Sì alla poltrona.


Lo confesso, non sono un economista e un po’ me ne vergogno.
Lo so, è un’affermazione imbarazzante di questi tempi. Ma come, in breve tempo sono riusciti a diventarlo 60 milioni d’italiani e lei ancora niente?
Sarà l’età, non lo nascondo, e anche una certa diffidenza e antipatia verso la categoria. Degli economisti intendo, che di regola sono quelle persone che ti dicono “qualche anno dopo” cosa era meglio fare “qualche anno prima”.
Dico questo perché approda oggi nella nostra città il “basta euro tour”. Pensare, anche solo per un momento, che la causa dei nostri mali sia l’euro (che bisogna comunque cambiare, ma cambiare non significa distruggere), è una delle tante bufale che fanno presa negli ultimi tempi.
Che l’enorme debito pubblico, la troppa burocrazia, l’amministrazione pubblica inefficiente, l’evasione fiscale, la corruzione, magari i guasti del treno Vivalto Milano-Bergamo, inaugurato giovedì mattina e già fermo alla sera siano colpa dell’euro, è una balla colossale tesa solo a ignorare i veri problemi del Paese e con l’unico intento, quello sì, di prendere qualche voto.
Infatti, come commentare affermazioni del tipo : “bisogna uscire dall’euro, che ci vuole. Chiudi le banche, cambi Euro in Lire, riapri le banche”. (Apperò!) Anche se aggiungono: “meglio farlo il venerdì sera, quando le banche sono chiuse, per evitate speculazioni“. In pratica per evitare il “Bank run”, che non è un nuovo tipo di corsa per perdere chili, ma semplicemente la corsa agli sportelli delle banche. Quindi, secondo loro, di nascosto.
E qui la vedo un tantino dura. Se la decisione deve essere presa dal Governo e ratificata dal Parlamento (cosa peraltro impossibile), immaginare che la notizia non possa trapelare (e subito presa in carico dai 600.000 operatori finanziari con le inevitabili conseguenze), è un tantinello azzardato.
Con la conseguente corsa agli sportelli di cui sopra. Perché, se la scelta di uscire dall'euro ha lo scopo di recuperare competitività attraverso la svalutazione (piccola o grande, l’unica cosa certa), perché qualcuno dovrebbe tenere i soldi in euro (e perderci con il passaggio alla lira) invece di investirli di corsa in obbligazioni denominate in dollari o sterline? Oppure, perché no, ritirali in fretta e furia per sistemarli sotto un mattone? E come la mettiamo con i debiti che abbiamo con l’estero?  E tutto questo per tornare ai “mitici” (sich!) anni della lira quando l’inflazione era in doppia cifra, le pensioni si davano ai quarantenni e l’invalidità regalata a chi ci vedeva benissimo.
 E i Trattati che abbiamo firmato? “Ne abbiamo stracciati tanti in questi 150 anni di storia, che ci vuole”.
Beh, in effetti mica hanno tutti i torti. Siamo da sempre un Paese inaffidabile, una volta più, una volta meno che volete che sia (scordandoci poi di trovare qualcuno disposto a prestarci soldi in futuro).
Comunque una cosa è certa: dall’euro non si uscirà. Si lavorerà per cambiare le cose che non funzionano, quello sì. Per costruire quell’Europa dei popoli di cui l’Italia, giusto ricordare, è membro fondatore.
Magari dopo che qualche politico o economista no-euro si sarà seduto su una poltrona di Strasburgo.
Una poltrona, giusto ricordare, che garantisce un ottimo stipendio.
Rigorosamente in euro, naturalmente.

Johannes Bückler

13 Aprile 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>

giovedì 10 aprile 2014

Il buonsenso è fuorilegge. Evasione fiscale e sentenza beffa.


Una cosa è certa, siamo sempre in leggera controtendenza e la cosa accade da molto, troppo tempo.
Per esempio negli altri Paesi i nomi e i simboli dei partiti sono sempre quelli, mentre a cambiare sono le persone, i politici di riferimento. Da noi nel corso degli anni sono cambiati i nomi, i simboli, ma gli uomini sono rimasti più o meno gli stessi.
Negli altri Paesi sorgono movimenti contro un alto livello di tassazione, ma composti da persone che le tasse comunque le pagano. Perché le leggi prima si rispettano e poi si cambiano, almeno così dicono. Da noi (forse per portarci avanti, vuoi mai) prima abbiamo creato i movimenti che protestano, e poi forse un giorno finiremo col pagarle tutti ‘ste benedette tasse.
Da noi, rispetto agli altri Paesi, dove la tassazione è più alta sui patrimoni e meno sui redditi, è esattamente il contrario. Per poi finire a domandarci perché la gente fatica a consumare.
Negli altri Paesi “tu sei tu” e rimani “tu” per tutta la vita. Da noi per essere certo che “tu sei tu” ti devi presentare davanti a un notaio che garantisce ogni volta che “tu sei tu, ma fanno 100 euro”. E non riesci nemmeno ad arrabbiarti.
In molti Paesi non esiste il reato di abusivismo edilizio perché, dicono, “dovrei costruire una casa dove non si può”? Infatti, a pensarci bene, è una cosa che ci chiediamo in molti.
Da noi ci sono 150 miliardi di evasione fiscale, ma per qualcuno non è un problema perché sono soldi che fanno girare l’economia. Poichè anche la corruzione non è certo da meno e la criminalità organizzata è sicuramente tanto PIL, sta a vedere che il principale ostacolo alla crescita sono le persone oneste.
Gli altri Paesi hanno un terzo delle nostre leggi. Da noi, per obbligare la gente a mettere le cinture di sicurezza che ti salvano la vita, devi scriverne una apposta e sottoporla al Parlamento. In pratica legiferare persino sul buonsenso.
E allora, diciamo la verità, non ti sorprendi più di niente. Nemmeno di fronte a una fresca sentenza della Corte Costituzionale, esattamente l’80/2014 del 7/4. Ad appellarsi alla Consulta un imprenditore di Torre Boldone, legale rappresentante di due società che commerciano in abbigliamento e calzature. Nel 2008 e nel 2009 aveva dichiarato, ma non pagato, circa 145.000 euro. Il suo avvocato aveva sollevato l’illegittimità dell’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 in quanto (udite, udite), se il suo cliente avesse omesso la dichiarazione Iva, invece di presentarla regolarmente e non versarla, non avrebbe commesso nessun reato. Così recita la legge. E la sentenza della Consulta non poteva che essere: “Considerato in diritto che ….il citato art. è ritenuto in contrasto con l’art. 3 della Costituzione anche dal Tribunale di Bergamo…dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”.
Ora mi domando: ci voleva proprio un’istituzione come la Corte Costituzionale per capire l’assurdità di quella norma? Per bocciare il principio per cui è più conveniente essere un evasore totale piuttosto che dichiarare il giusto e non pagare?
Riusciremo mai a invertire quella leggera e maledetta controtendenza rispetto agli altri Paesi nel modo di legiferare?
Riusciremo mai a mettere un pizzico di buonsenso nelle cose che facciamo?
Oppure, come scrisse Bernard Grasset, “la soluzione del buonsenso è sempre l’ultima a cui pensano gli esperti”?

Johannes Bückler

10 Aprile 2014 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi qui >>>>>