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mercoledì 21 settembre 2011

Bückler, il Fisco e le troppe tasse (che pagano in pochi)

Potrebbe essere il nostro vicino. Ma a pensarci bene scrive cose che pensano in molti. Potremmo essere un po' anche noi, Johannes Bückler. Che dal 14 agosto ha preso carta e penna, anzi ha acceso il suo computer e inviato email e ha scritto quasi ogni giorno delle malefatte del fisco (quando è ingiusto), e delle angherie che i contribuenti onesti sono costretti a subire. Ma anche delle cose complicate che rendono difficile far funzionare la macchina dello Stato. Perché le sue lettere sono una specie di viaggio dentro le regole che (spesso) non funzionano. Dei numeri che non tornano. Dei paradossi. Se è vero, come è vero, che la pressione fiscale effettiva arriva a toccare il 52% ma solo 2.700 italiani dichiarano più di un milione di euro di reddito.

Troppo pochi i signor Bonaventura (in euro) per essere un dato vero. Credibile. Allora il libro «Le (troppe) tasse degli italiani», da oggi in vendita con il «Corriere della Sera» (2,80 euro più il prezzo del quotidiano) è un percorso che qualche volta fa rabbia, qualche altra fa sorridere, con amarezza, i tartassati. Ma che vuole farsi leggere anche da chi le tasse non le paga, in fondo. Ma chi è Bückler? Il nome che ha scelto è quello di una sorta di Robin Hood effettivamente vissuto nella Renania del Settecento. Personaggio anche un po' discusso.

Chi sarà? In fondo non è neppure tanto decisivo scoprire chi è. In fondo sono le cose che racconta ad attirare l'attenzione. Il suo identikit? Il cittadino esausto, il cittadino preoccupato, il cittadino che vede annunciare i tagli alla politica e poi ne perde le tracce. In un passaggio del libro si legge una cosa che mette un po' i brividi: in fondo «sappiamo tutto». Sull'evasione, i numeri, sulle tecniche anti-tasse. Le società di comodo. I segreti per aggirare le regole. Eppure resta lo stupore di un fenomeno che vale ancora 120 miliardi. In questa estate delle quattro manovre un punto ha stabilito Bückler, con le sue lettere-pamphlet, che esiste una grande differenza tra chi «dichiara di più» e chi «ha di più». Due categorie che nel migliore dei mondi possibili dovrebbero coincidere, ma che invece vivono su due pianeti (fiscali) molto diversi tra loro. E che è soprattutto ai secondi che una macchina efficiente del Fisco dovrebbe indirizzarsi. Solo un numero per avere un'idea della strada che c'è da percorrere: metà dell'Irpef viene versata dal 13% dei contribuenti. E il resto? In gran parte sfugge. La via breve, spesso è stata quella del condono. Rumor, Spadolini, Craxi, Andreotti, Dini, Tremonti. E Bückler ci accompagna fino all'imperatore Adriano: nel 116 dopo Cristo decise il condono di tutti i debiti fino a 16 anni prima. Soluzioni antiche, si legge nel pamphlet, che però restano (inique) per chi paga. Allora. E oggi.

Nicola Saldutti

sabato 27 agosto 2011

La prima intervista di Bückler

Da lettore a caso mediatico (e sociale). «Si firma con lo pseudonimo di Johannes Bückler, un Robin Hood del ' 700 che toglieva ai ricchi per dare ai contadini, e in una serie di lettere al Corriere della Sera ha cominciato a rivelare bugie e contraddizioni dietro la manovra e il contributo di solidarietà». Così Vanity Fair, nel numero in edicola, presenta il cittadino esperto di tasse che ha scritto quattro lettere al Corriere per spiegare come funziona il fisco visto da dentro. In un'intervista in forma anonima Bückler racconta «La verità sull' Italia degli evasori in Suv»: «Nessuno deve mai sapere che sono io, nemmeno la mia famiglia. Voglio proteggere la mia vita tranquilla... ». Parla di quel 25% di autonomi che «ufficialmente guadagna 500 euro al mese». S'arrabbia parlando della manovra: «Sono dei dilettanti». Quindi indica l'alternativa: «Se guardiamo ai numeri, una seria lotta all'evasione può risolvere molti dei nostri problemi»