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sabato 13 giugno 2015

Viminale e Regione: Maroni bifronte. I gemelli diversi.


Ormai è appurato: il governatore della Lombardia Roberto Maroni ha un fratello gemello e fra loro i rapporti devono essere deteriorati da tempo.
E’ l’unica spiegazione possibile. Ho conosciuto il fratello gemello quando era Ministro dell’Interno. Una persona perbene, senso delle istituzioni, vero rappresentante di una politica rispettosa delle istituzioni. Lo ricordo quando, aprendo la prima conferenza nazionale dei prefetti nell’ottobre 2010, auspicava “un ampliamento del ruolo del prefetto anche in relazione alle nuove implicazioni delle tematiche della sicurezza e dell’immigrazione”. Niente a che vedere con il fratello che è arrivato persino a minacciarli, i prefetti.

Lo ricordo nel tentativo di dare soluzione all’emergenza immigrazione del 2011, quando ebbe l’idea di realizzare a Mineo un villaggio della solidarietà, il più grande centro richiedenti asilo d’Europa. O quando stanziò decine di milioni per i campi Rom (60 milioni di euro solo per l’emergenza in cinque regioni Lazio, Campania, Lombardia, Veneto e Piemonte) per ristrutturare quelli fatiscenti e costruirne di nuovi. Dispiace oggi vedere il fratello governatore contestare praticamente tutto ciò che di buono si è tentato di fare allora.

Il fratello, dopo aver creato le cosiddette “quote” nel pacchetto sicurezza immigrazione, ebbe persino toni molto duri con le regioni e i comuni che non volevano accogliere i profughi. “Accoglieteli o agiremo d’imperio” dichiarava al Corriere il 28 marzo 2011.

Con tono fermo, deciso, di chi ha a cuore i problemi del suo Paese disposto a mettere in secondo piano, cosa assai rara in un politico, gli interessi di partito. Chissà cosa starà pensando leggendo le dichiarazioni del fratello governatore su questa nuova emergenza.

Gli ricorderebbe, ne sono certo, che l’immigrazione è materia esclusiva dello Stato (art. 117 della Costituzione comma a) e non delle regioni. Di più. Il 10 luglio 2014, per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, fu firmato un documento in una conferenza unificata fra Governo, regioni ed enti locali. Nel testo si stabilisce il principio dell’accoglienza diffusa e cioè che i richiedenti asilo che arrivano in Italia devono essere distribuiti fra le 20 regioni, a seconda del numero di abitanti e del tenore economico di quella regione. Sottoscritto anche questo dal fratello, è vero, ma un documento valido ancora oggi.

A questo punto un consiglio: caro governatore, faccia pace. Fra fratelli ci possono essere discussioni, diatribe, visioni diverse, ma siete sempre sangue dello stesso sangue. Se non proprio la pace, una tregua, un armistizio. Ne guadagnerà l’ambito familiare e sicuramente il Paese tutto.

E non minacci i sindaci. Le potrebbero rispondere “padroni a casa nostra”, ricorda? O anche questo era uno slogan del fratello? Perché in un vero Federalismo “padroni a casa nostra, ma in casa tua comando io”, è un tantino contraddittorio. Lo ammetta, un pochino, via.

Johannes Bückler

13 Giungo 2015 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

domenica 15 marzo 2015

Amministratori, la ricreazione è finita.


All’inizio fu Tremonti.
 Dal 2008 cominciò a tagliare le risorse trasferite ai comuni (ma anche alle province e alle regioni). Poi venne il Governo Monti con il "Salva Italia" e l’inizio di una seppur timida Spending Review. Poi, passando per Letta, il decreto Irpef, la revisione Imu e la legge di stabilità 2015 del governo Renzi. Nel bel mezzo di una crisi che non si fatica a definire epocale, i tagli agli enti locali sono ormai una costante, con il chiaro intento di controllare una spesa pubblica fuori controllo.
Solo per citarne alcuni, “la riduzione del fondo di solidarietà comunale” con il decreto legge 95/2012 e “i contributi degli enti locali alla finanza pubblica” riferiti al decreto legge 66/2014”.
Tradotto significa che da Roma arrivano e arriveranno sempre meno soldi. Comprensibile quindi la reazione dei sindaci di molti comuni (anche bergamaschi) che hanno visto nel corso degli anni ridurre via via la loro capacità di spesa anche nel rispetto del patto di stabilità.
Purtroppo tutto questo è stato reso necessario da decenni di finanza che definire allegra è dire poco. Basta pensare ai danni della riforma del Titolo V, un’autonomia che in massima parte comuni e regioni (un requiem per le province) hanno dimostrato di usare malissimo.
Certo, i tagli sono spesso avvenuti nel corso degli anni senza riuscire a distinguere le spese necessarie dagli effettivi sprechi e senza differenziare i comuni virtuosi da quelli che hanno bellamente scialacquato a spese della collettività.
Ma che si doveva fare? Aspettare l’introduzione dei “fabbisogni standard” che dovrebbero finalmente misurare il prezzo reale di ogni attività comunale riducendo (si spera e di molto) le risorse necessarie al buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche? Campa cavallo. Forse poteva venire in soccorso il documento Cottarelli (che al momento si è deciso di non rendere pubblico).
 Il Commissario alla Revisione della Spesa aveva individuato 15-20 miliardi di spese non necessarie soprattutto in quello che ha definito “socialismo regionale, provinciale e municipale”. I tagli, in quel caso, sarebbero stati mirati. Comunque, e in attesa di conoscere quel documento, non sarebbe il caso di rivedere, voce per voce, tutti i capitoli di spesa?
Possibile che i sindaci non possano risparmiare ulteriormente come fanno molte famiglie e imprese da anni? Non credo che la soluzione sia sempre e solo ridurre i servizi o aumentare le tasse. Invece di perdere tempo in discussioni del tipo “il mio governo ha tagliato di meno, no il tuo di più”, perché non iniziare un lavoro certosino per capire dove è possibile tagliare, sforbiciare, eliminare o ridurre. Arrivati a questo punto un lavoro sicuramente impegnativo per i primi cittadini, ma assolutamente necessario.
Perché il messaggio di fondo ormai è chiaro e di questo dobbiamo tutti prendere atto: per gli sprechi la ricreazione è finita.

Johannes Bückler

15 Marzo 2015 - Corriere della Sera - Bergamo - Leggi >>>>>

sabato 18 maggio 2013

Riscossione, ora non creiamo i falsi bisognosi.

Caro Direttore,
dal primo luglio una legge dello Stato obbligherà i comuni a lasciare Equitalia, ma i sindaci hanno tempo fino al 20 maggio per trasmettere le ultime pratiche per la riscossione coattiva dei tributi.
Dopo questa data potranno scegliere se affidare la riscossione a un soggetto esterno, individuato con gara, oppure gestire in proprio il servizio.
Possiamo affermare che sia una buona cosa per le persone oneste? Direi di no.
E per chi ha sempre il braccino corto quando si tratta di pagare tasse, multe, bollette o scadenze varie? Certamente sì.
E per quanti vorrebbero pagare, ma per loro situazione economica non riescono a farlo? Forse.
Legittimo l’invito proveniente da più parti a valutare caso per caso, ma giusto ricordare che non esiste nessun principio giuridico in cui si parli di “selezione”.
Le tasse e le imposte vanno pagate in base a un principio costituzionale, non in base a una decisione assunta da qualcuno.
Esistono norme che regolano questo principio e le norme vanno rispettate, sia se ad applicarle è un soggetto privato o pubblico (come Equitalia).
Teniamolo presente in futuro, per non rischiare, dopo i falsi poveri e i falsi invalidi, di ritrovarci pure con i falsi bisognosi.

Un caro saluto

Johannes Bückler
P.S. Considerando che oltre 6000 comuni sono impreparati a questa scadenza, chi pagherà l’eventuale buco nelle finanze pubbliche? Va beh, che lo domando a fare.

18 Maggio 2013 Corriere della Sera - 


venerdì 20 luglio 2012

Ma ora i "pirla" si sono stancati.


Il Comune di Bergamo controlla i pagamenti dei pasti a scuola. Risultato : Porta il figlio con il Suv, ma non paga la mensa.
Arriva con il Suv, lascia il figlio a scuola. Si ferma nel mezzo della strada o in doppia fila.
Gli altri genitori, forse, lo invidiano: chissà se sapessero che chi è alla guida del bolide nel mondo parallelo delle dichiarazioni fiscali e dei pagamenti dei servizi pubblici si trasforma in un nullatenente o quasi.
Ecco, forse i genitori dei compagni di scuola non lo sanno ma gli uffici comunali adesso sì. Sono loro, infatti, a essersi accorti che fra gli autori dei buchi lasciati nel bilancio pubblico per mancato pagamento della mensa scolastica ci sono anche coloro che per strada mostrano di avere mezzi in abbondanza.
Nel senso economico, ma non solo: fra i casi scovati da Palafrizzoni durante l'esame delle insolvenze sulla quota mensa c'è ad esempio quello della coppia proprietaria (registri automobilistici confermano) di una Porsche Cayenne, di una Jeep Cherokee e di una motocicletta Ducati Monster.
Mica male il parco auto, considerato che la dichiarazione dei redditi di famiglia è ferma a diecimila euro.
Una cifra collegata esclusivamente al lavoro da dipendente della moglie (commessa e sportiva, la moto è intestata a lei), mentre il marito commerciante risulta sprovvisto di denari... (A.G.)

Sul Corriere della Sera dorso di Bergamo 15 Luglio 2012
Ma ora i "pirla" si sono stancati.
Caro Direttore,
i dati riportati in queste pagine sui risultati ottenuti dal Comune di Bergamo a partire dal 2009 (anno di entrata in vigore dell’accordo con L’Agenzia delle Entrate) mostrano un quadro poco rassicurante: anche nella nostra città (come nel resto del Paese) si pratica lo sport nazionale dopo il calcio: l’evasione fiscale.
Purtroppo uno sport che a differenza di altre discipline diverte solo chi lo pratica, non certo i poveri spettatori (pure paganti).
Oltretutto questi dati arrivano all’indomani dell’audizione del Presidente della Corte dei Conti alla commissione per l’anagrafe tributaria. Luigi Giampaolino ha posto in evidenza che, se al Sud e nelle isole risulta maggiore in termini percentuali, in valori assoluti è al Nord che si concentra la maggior parte dell’evasione.
Sinceramente a questa conclusione ci eravamo arrivati da tempo e da soli, giacché la quota più rilevante del reddito e del volume d’affari è concentrata al Nord.
Comunque, fatto un plauso al Comune di Bergamo la domanda è d’obbligo: com’è possibile che qualcuno abbia ancora il coraggio di svelare il proprio aspetto da ladruncolo?
In un momento così difficile poi, dove sono richiesti così tanti sacrifici ai cittadini.
Com’è possibile che qualcuno “bari” per avere un buono pasto nelle mense scolastiche rubando risorse e danneggiando chi ha veramente bisogno?
Qualcuno disposto a chiedere agevolazioni fiscali, bonus, sconti o esenzioni pur avendo una capacità reddituale e patrimoniale notevole?
Il governo Monti con alcuni provvedimenti ha cercato di perfezionare la capacità selettiva dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), ma sarà sempre difficile escludere i falsi poveri dall’accesso ai benefici del welfare senza l’aiuto dei sindaci che riescono meglio a intercettare, per esempio, il patrimonio mobiliare.
E’ tempo che i cittadini invitino i loro rappresentanti a porre in essere tutti gli strumenti a disposizione per scovare questi “furbetti”.
Mettere la lotta all’evasione ai primi posti, non facendola svanire con l’avvicinarsi della campagna elettorale.
Solo così si potranno liberare risorse per chi ha veramente bisogno (e finalmente il termine “equità” smetterà di essere solo una parola vuota).
Oltre al fatto che, se loro sono i “furbetti”, i “pirla” si sono leggermente stancati.
E la cosa non è secondaria.
Un caro saluto
Johannes Bückler
P.S. Ho letto di alcune difficoltà che sta incontrando la candidatura della nostra città a Capitale Europea della Cultura 2019. Non può essere una battaglia persa in partenza. Proviamoci. A volte si combatte anche solo perché è giusto farlo.