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martedì 28 ottobre 2014

E lo chiamavano governare (11)


25 giugno 1986

Craxi è Presidente del Consiglio dal 4 agosto 1983. Al Paese non sembra vero questa boccata di stabilità abituato com’è a crisi di governo annuali o peggio semestrali. Quello che piace invece ai politici dello scudo crociato che trovano appassionante la possibilità di rimettere sempre tutto in gioco. Un gioco che permette loro una continua contrattazione di posti e favori. Non importa se a causa di ciò non non si riesce a portare a compimento nessuna riforma del Paese. Craxi lo sa bene. De Mita, infatti, non perde occasione di ricordargli che non può ricoprire quella carica per sempre.

Le riforme sono al palo e la sanità allo sbando. Di contro i partiti si sono appena accaparrati 83 miliardi di contributi. Perché, dicono, “non vorrete che un politico paghi l’Irpef come un cittadino qualunque”. Infatti la pagano solo sul 70% dello stipendio. E il resto? Tranquilli, ci pensiamo noi cittadini.

Intanto i treni sono sempre in ritardo e le lettere non arrivano mai. Ma non è nemmeno il problema principale se hai un ministro (Silvio Gava) che passa le giornate a far assumere falsi invalidi nell’amministrazione pubblica. In settimana. Perchè la domenica giocano a calcio nella squadra del paese.

Oggi De Mita ha ricordato a Craxi che il suo partito è ancora (soprattutto dopo le elezioni in Sicilia), il partito di maggioranza. E non ha la Presidenza del Consiglio. Certo, ha in sostanza tutti gli altri posti di rilievo, ministeri e vice presidenza compresa, ma in politica mai accontentarsi Anche se continua a ripetere che non vuole una crisi.

26 giugno
In aula è arrivato un decreto legge che finanzia gli enti locali e il governo per evitare sorprese ha posto la fiducia. Il governo è già andato sotto questa mattina e, tra accuse reciproche, Dc e Psi sono ai ferri corti. Il voto di fiducia a votazione palese è a favore del Governo. 338 sì contro 230 no. Ora si va al voto segreto (una pratica che già ha mietuto vittime) e se tanto mi da tanto…
Il Presidente della Camera annuncia la votazione: presenti 559, maggioranza 280, favorevoli solo 266.

27 giugno 
Alle 19 Craxi ha dato le dimissioni. Il primo esecutivo guidato da un socialista è durato 1058 giorni. Cossiga ne ha preso atto, ma non ha ancora deciso se accettarle o respingerle. Esaminerà il tutto e lunedì aprirà le consultazioni.

1 luglio 
Oggi l’annuncio della crisi in aula. Presenti? Solo due. Il missino Rauti e il demoproletario Russo. Il resto in vacanza. Già.

2 luglio
Cossiga ha dato un mandato "esplorativo" a Fanfani,

9 luglio
Dopo una settimana Fanfani è tornato da Cossiga. Senza risultati.

10 luglio
Cossiga ha deciso di mandare in pista Giulio Andreotti. Tutti i partiti hanno arricciato il naso ritenendo inutile questo tentativo. Gli unici contenti (ma si sapeva) i comunisti. Che il Pci abbia un debole per Andreotti è cosa risaputa. Malgrado ci sia il suo nome in ogni scandalo.
Il massimo del riguardo per Andreotti il Pci lo aveva raggiunto nell’ottobre 1984, quando aveva votato contro (salvandogli la poltrona di ministro) alla richiesta di dimissioni. L’accusa era quella di aver aiutato Sindona, che lui continua ancora oggi a definire “il salvatore della lira”. I 154 deputati comunisti avevano obbedito al loro Presidente di gruppo, Giorgio Napolitano e lo avevano salvato. 
Oggi brindano per il suo mandato esplorativo.

11 luglio 
Andreotti ha cominciato a guardarsi in giro, ma non ha nessuna intenzione di formare un Governo. A lui piace tessere tele. E tra un incontro e l’altro ha già disposto il futuro governo. In sintesi: Craxi rimane ancora per un po' e poi lascia il posto alla Dc. Punto.

1 agosto 
Dopo lunghe trattative (sich) l’incarico viene affidato di nuovo a Craxi. Il Craxi-bis.
Ma una cosa sappiamo tutti. Il suo incarico è a tempo. L’anno prossimo (si dice in primavera) quel posto tornerà nelle mani della Dc. Lo ha detto De Mita, l’uomo di Nusco. E accidenti se c’è da credergli.

Mi sono sempre chiesto dove fosse il Paese in quei giorni. Nel dibattito politico mai una volta che risuonasse la parola “riforme”, o servizi che dovevano migliorare o che si parlasse di sviluppo. Al centro solo e sempre la distribuzione di poltrone. Solo quelle. Ma dal Paese nessuna reazione. Ma un motivo c'era: avevano messo in piedi un vero “Stato assistenziale” al quale tutti si avvicinavano al grido di :“avanti, ce n’è per tutti”.
Ma, come spesso accade in questi casi "per tutti, ma non per sempre".



Al prossimo assalto alla diligenza…

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L'enorme debito pubblico che abbiamo (e che blocca il Paese), non è la conseguenza di chissà quali oscuri complotti, ma il risultato matematico dell’operato di governi con la complicità di buona parte del Paese.
Quei governi stavano mangiando il futuro dei nostri figli e a tutti stava bene.
Proprio a tutti no, ma questa è un'altra storia.

E lo chiamavano governare. (1) (2) 3 (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12)

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