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martedì 29 ottobre 2013

Rimpatrio di capitali. Che non sia una resa.

Caro Direttore,
quando si tratta il fenomeno dell'evasione fiscale, si tende aprioristicamente a escludere l'aspetto etico/civico sottostante. E’ forse il segno dei tempi o più semplicemente la convinzione diffusa che chi paga le tasse non è mai mosso da considerazioni “alte”.
Per questo non sorprende l’ennesimo piano del governo per il rientro dei capitali detenuti illegalmente all’estero (significato di "illegale" : che non è ammesso dalla legge o dalle regole in vigore).
E sinceramente stucchevole la precisazione che in questo caso non si tratterebbe di condono o scudo fiscale, ma di semplice “regolarizzazione volontaria con sconto”.
Prendo atto, ma vorrei far notare quanto segue: l’art. 53 della Costituzione commisura il carico fiscale alla capacità contributiva del cittadino con criteri di progressività. I ripetuti condoni e concordati fiscali, pur non eliminando in toto la progressività impositiva, hanno reso quest’ultima pressoché insignificante.
In pratica la sostanziale ridefinizione di un articolo della Costituzione inaccettabile sul piano della democrazia sostanziale.
Azzerare (di fatto), con condoni, scudi o regolarizzazioni volontarie questa capacità impositiva (solo per aiutare un Paese in crisi di risorse), equivale ad ammettere l’incapacità di combattere l’evasione fiscale.
E dalle mie parti ciò equivale a una resa.
Una resa disonorevole, senza nemmeno l’onore delle armi.

Un caro saluto

Johannes Bückler

29 settembre 2013 Corriere della Sera - Leggi >>>>>

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