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giovedì 4 dicembre 2014

“Vittime invisibili”. Una piccola storia per non dimenticare.


Milano, 17 maggio 1973

Gabriella Bortolon è una bella ragazza di ventidue anni. Abita dopo San Siro, figlia unica con madre vedova, al primo piano di un enorme caseggiato in Via Fratelli Zoia al civico 105. Da gennaio guadagna 250.000 Lire al mese che servono al sostentamento suo e della madre dato che il padre è morto in un incidente stradale anni prima. Dopo essere stata nominata direttrice, lei e la madre hanno deciso di trasferirsi in un appartamento più grande.

Gabriella è appena arrivata alla Questura a Milano per sbrigare le pratiche relative al rilascio del suo passaporto. Sabato deve recarsi a Londra nel suo primo viaggio all'estero per visionare alcuni campionari. Dirige da qualche mese una boutique a Busto Arsizio.

Nel cortile della questura si sta svolgendo una cerimonia commemorativa ad un anno dalla morte di Luigi Calabresi. Ad inaugurare un busto in suo onore ci sono le autorità cittadine, Mariano Rumor a nome del Governo e una folla imponente che si è assiepata tra l’ingresso e il cortile.

La cerimonia è finita e Mariano Rumor sta per andarsene.

Gabriella è curiosa, si sporge tra la folla per vedere meglio. Uno sguardo prima di proseguire per gli uffici della Questura, Londra l’aspetta. Non vede quel “sasso” che dall’alto sta per cadere tra la gente intorno a lei. Solo quando tocca terra si accorge che quello non è un sasso.



Gianfranco Bertoli è arrivato alla Questura. In tasca ha una bomba a mano di fabbricazione israeliana. E’ riuscito a passare la frontiera portandola con sé da un viaggio in un kibbutz israeliano. E’ appena arrivato nel cortile della questura di Milano in Via Fatebenefratelli, mentre una piccola folla sta defluendo. Forse Mariano Rumor è già uscito, ma non importa. Toglie la mano di tasca e lancia quel “sasso”.

L’esplosione. 

Un mucchio di persone sono riverse sul marciapiede letteralmente allagato di sangue e ricoperto di indumenti, scarpe, berretti e borsette. Sono state investite dallo scoppio e lo spostamento d’aria ha scaraventato alcuni di loro in fondo al marciapiede. C’è fumo, molto fumo e un buio improvviso, tra grida disperate.

Il corpo di Gabriella è quello più composto. Giace distesa sul fianco sinistro, con un braccio teso sotto la testa e l'altro con il pugno chiuso avvicinato al viso. Contrariamente agli altri corpi intorno a lei non c'è molto sangue, né i suoi abiti sono strappati. Un rivoletto di colore rosso sotto la testa scivola verso la borsetta che le è rimasta attaccata al corpo. Uno dei due medici, che si sono trovati di passaggio in via Fatebenefratelli subito dopo l'attentato, si accorge che Gabriella è in gravi condizioni. « Presto venite qui, questa è grave! » grida a due barellieri che stanno caricando su una autoambulanza un'anziana signora. La ragazza emette soltanto un flebile lamento mentre il medico le solleva lievemente la testa.
Viene trasportata in ospedale, ma è troppo tardi. Gabriella è morta.

9 Giugno 2000 – Cimitero di Baggio 

I resti di Gabriella sono stati riesumati. Sono lì dimenticati da tutti (la madre è ricoverata da tempo) da quel maledetto 17 maggio del 1973. Sono scaduti i termini per la concessione della tomba, ma in Comune, facendo una colletta, sono riusciti a dare una giusta sistemazione ai suoi resti. Verrà sistemata nell’ossario con una concessione trentennale.
 Qualcuno propone di dedicarle il giardino di Via F.lli Zoia-Paone-Rosselini. Speriamo

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Oltre a Gabriella in quello scoppio morirono altre tre persone. Federico Masarin, guardia di P.S nato a Ponte di Piave (TV) l’11 maggio 1943. Entrato in Polizia nel 1963, dopo aver frequentato la Scuola Allievi di Caserta, aveva prestato servizio nei reparti di Napoli e Padova ed in seguito alla Questura di Milano. 
L’ex maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Panzino nato a Marcellinara (CZ) il 2 giugno 1909 e Felicia Bartolozzi nata a Vizzini (CT) il 2 settembre 1912. 

Gianfranco Bertoli fu subito arrestato. Si proclamò anarchico individualista, seguace delle teorie di Max Stirner. Sottratto al linciaggio da parte della folla, Bertoli, disse  di avere deciso di compiere la strage per vendicare la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, morto il 15 Dicembre 1969. 

Anni dopo, durante i processi, invece, si dirà che Bertoli voleva colpire il ministro Rumor, colpevole di non aver firmato leggi speciali dopo la strage di Piazza Fontana, quando era Presidente del Consiglio. 
Si disse che l'"anarchico" fosse un agente del Sifar (nome in codice «Negro»). 
Si disse che fosse stato infiltrato nel PCI e dal 1966 al 1971 agli ordini dal Servizio Informazioni Difesa (SID). Condannato all’ergastolo nel 1975, dopo numerosi anni di detenzione e di isolamento, Bertoli ottenne il regime di semilibertà. Ebbe un modesto lavoro, ma ripiombò immediatamente nella tossicodipendenza da eroina. Morì alla fine del 2000 a Livorno. 

Gabriella, come molte altre, è una delle tante “vittime invisibili”. Invisibili come le migliaia di persone che  sono state segnate per sempre da quelle bombe. Invisibili perché ormai scomparse dalla memoria collettiva. Dimenticate. 


“L’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare” cantava Francesco De Gregori nel 1979.
Non facciamolo, vi prego. Per loro. Per Gabriella.

Johannes Bückler


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