Disclaimer

Al fine di mantenere il blog nell'ambito di un confronto civile e costruttivo, tutti i commenti agli articoli espressi dai lettori verranno preventivamente valutati ed eventualmente moderati. La Redazione.

martedì 3 luglio 2018

Per evitare di finire colpevoli.


Sono sempre stato, fin da giovane, un appassionato di storia; nella convinzione che, ripetendo gli stessi errori, nel nostro passato ci sia in fondo il nostro presente e il nostro futuro. Alla ricerca però di risposte più che di semplici nozioni.

Quando da giovane studiai le leggi razziali del 1938 mi posi la domanda: “perché ci sono voluti 15 anni di potere prima che il fascismo decidesse di perseguitare gli ebrei?”. E provai a dare una risposta.

Sappiamo che Mussolini, come certi movimenti di allora, credeva all’esistenza di una lobby ebraica che controllava il mondo. Ebrei= ricchi=banchieri. Eppure nei primi 15 anni al potere non risulta nessuna traccia di antisemitismo nella dottrina fascista.

Certo, nel 1921, al Terzo Congresso Nazionale Fascista, Mussolini aveva detto: “Io voglio far sapere che per il fascismo la questione razziale ha una grande importanza. I fascisti devono fare tutti gli sforzi possibili per mantenere intatta la purezza della razza, perché è la razza che fa la storia”. Ma è pur vero che nel 1923 Mussolini aveva tranquillizzato il rabbino di Roma assicurandogli che mai il fascismo avrebbe intrapreso una politica antisemita.
La maggioranza degli ebrei aveva persino approvato la guerra di Etiopia, e molti di loro erano partiti volontari. Guido Jung , ministro delle Finanze di Mussolini (uno dei fondatori dell’IRI e iscritto al PNF dal 1922) era ebreo. 

Perché allora Mussolini decide nel 1938 di perseguitare gli ebrei?

Esaminiamo il contesto. Siamo nel 1937.
Mussolini ha il potere assoluto, conquistato con la violenza, e ha imposto una dittatura totalitaria. Gli oppositori in esilio, nessuna lotta di potere all’interno del partito fascista, un consenso popolare che però sta leggermente scemando per la guerra in Spagna che gli italiani non hanno digerito.
Un momento di stasi del popolo italiano dopo l’euforia degli ultimi anni.
Ma una dittatura ha un bisogno estremo di nemici per coagulare il popolo. Il fascismo li aveva trovati via via negli slavi (sloveni), negli etiopi, nei libici, nei socialisti, nei comunisti. Ora nel 1937 bisognava trovarne di nuovi, per una nuova battaglia.

Nel novembre del 1937 Mussolini dice a Ciano: “Quando finirà la Spagna, inventerò un’altra cosa. Il carattere degli italiani si deve creare nel combattimento”. Mussolini disse quella frase dopo il viaggio in Germania di due mesi prima, da cui era tornato impressionato dall’ordine e dalla disciplina dei tedeschi. “un po’ di Prussia non farebbe male agli italiani” ebbe a dire. 

Scegliere gli ebrei come l'indispensabile “nemico” (copiando l’amico Adolf) fu abbastanza semplice. Ora bastava solo enfatizzare un pericolo che in passato non era mai stato avvertito (non essendo mai stato un pericolo. Gli ebrei erano ben integrati e mai percepiti come un pericolo dagli italiani).
Per fare questo bisognava cominciare con un censimento allo scopo di “schedare” il numero degli ebrei che si trovavano in Italia. (Si comincia sempre da un censimento). Cosa che avvenne nell’agosto del 1938.

Al Ministero dell’Interno venne creato un ufficio denominato Demorazza. Aveva l’incarico di coordinare prefetture e comuni per censire la popolazione ebraica. Quanti ebrei risultarono dal primo censimento? Esattamente 58.412 persone con un genitore ebreo o ex-ebreo.
46.656 si dichiararono ebrei (37.341 italiani e 9.415 stranieri). L’1,1 per mille sull’intera popolazione, allora composta di 43.900.000 individui.

Benito Mussolini, in un suo famoso discorso del 2 ottobre 1935, tenuto contro le sanzioni che le Nazioni Unite volevano comminare all’Italia per l’aggressione fatta ai danni dell’Abissinia, verso la chiusa così ebbe a dire circa gli italiani: “un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori e di trasmigratori”. Visto come certi demagoghi parlano di “invadenza” o “invasione” utilizzando certi numeri, forse era meglio avere un popolo di matematici. 

Una volta avuti i primi dati partì la campagna dell’informazione fascista (un’informazione che fa da megafono alle falsità di un regime è essenziale). Una virulenta campagna di propaganda sui giornali portò gli italiani a pensare che esistesse veramente un“invadenza” degli ebrei nella vita sociale del Paese. Tutto a scapito degli italiani.

(Nel frattempo sul numero 1 della rivista «La difesa della razza» era stato pubblicato il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, dove al punto 9 si leggeva: "gli ebrei non appartengono alla razza italiana"). 

Alcuni piccoli esempi “dell’invasione” degli ebrei in Italia 

#MdT 22/08/1938 – A lato la percentuale di ebrei nelle città. (Un pericolo proprio)

#MdT 22/08/1938 – Nel censimento del 1936 Milano contava 1.115.848 abitanti. Quando dalla Germania e dalla Polonia arrivarono a Milano “ben” 1572 ebrei (e sfuggivano a morte certa), si parlò di un numero impressionante.  In una città con oltre 1 milione di abitanti.


 Gli ebrei a Torino superano 4.000. Ben 4.000. Un’autentica invasione in una città che conta 629.115 abitanti (censimento 1936). (Da ridere)

Gli “indesiderabili” saranno cacciati da Milano. La cittadinanza si compiace della decisione del Duce data l’intima e immutabile natura romana e cattolica. (soprattutto cattolica).


#MdT 13/10/1938 – A Milano c’è una campagna di stampa contro l’invasione degli ebrei nel commercio milanese. Quanti erano i commercianti ebrei? L’unione commercianti scrisse che su 61.002 nominativi gli ebrei erano “ben” l’1%. Su 10.741 esercizi pubblici quelli gestiti da ebrei erano “ben” 20.




Un pericolo secondo loro. E le licenze furono revocate. E niente future licenze agli ebrei.



Quello di agosto del 1938 era “solo” un censimento, ma subito dopo seguì l’inserimento dell’antisemitismo nell’ordinamento giuridico attraverso le leggi razziali, che privarono gli ebrei dei diritti civili e dell’uguaglianza con gli altri cittadini in tutti i campi della vita sociale, economica e professionale.
Allora la maggior parte degli italiani provò indifferenza, convinta che tutto sommato si trattava di una piccola cosa in confronto alla tragedia degli ebrei dell’Europa centrale. E’ sempre una piccola cosa al confronto. Come oggi. Niente di quello che accade è paragonabile al fascismo. Un censimento oggi non è paragonabile a quello del 1938. Il razzismo di oggi non è paragonabile..... ecc. ecc

Ecco. Quando leggo che oggi niente è paragonabile alle aberrazioni del fascismo e del nazismo mi torna alla mente ciò che scrisse Vittorio Foa a proposito del silenzio assordante dell’antifascismo intellettuale del dopoguerra. Siamo tutti “colpevoli di non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili”

Johannes Bückler 

P.S. Quante volte vi è capitato di discutere con qualcuno ed essere definito “buonista”? Ormai sembra essere diventato l’insulto preferito degli italiani. Tranquilli. I "buonisti" esistevano anche allora.




Nessun commento:

Posta un commento