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venerdì 14 settembre 2012

Evasione fiscale: occorre fare gli opportuni distinguo.

Caro Johannes,
le tue riflessioni nella "serata d'evasione" che ti sei concessa, con relativa "fotografia a colori", sono tutte molto accattivanti nella forma e puntuali nella sostanza.
Il mio punto di vista (qualche Buckler,in passato, ci aveva accusati di essere troppo in sintonia di pensiero!), peraltro, in alcuni passaggi, si allontana dal tuo, ritenendolo troppo generalizzante.
Analizzando l'elenco delle concrete fattispecie richiamate, tutte connotate da comprovate e storiche "fasi patologiche" che coinvolgono ognuno di noi nei rispettivi "quotidiani", nessuno potrebbe darti torto.
Se l'evasione fiscale fosse risolvibile semplicemente facendo appello all'etica, dovremmo dire che tra il dipendente turnista che "arrotonda" con qualche lavoretto in nero e il bagnino romagnolo che nel 2010 ha mediamente dichiarato un reddito complessivo lordo di 8.900 euro non esiste alcuna differenza.
Personalmente non riesco a convincermi che rubare una mela e rubare un milione di euro sia la stessa cosa.
Ne consegue che anche tra gli evasori e i vari modi di evadere a mio avviso, occorre fare dei distinguo.
Tra il turnista da te evocato e il mio bagnino la profonda differenza e' questa: il primo, immaginando che possa realizzare in nero compensi per circa il 20% del proprio stipendio, di fatto si autoriduce la propria aliquota media di tassazione e si troverà, all'incirca, a fare i conti con un carico fiscale piu' "umano" (al riguardo ricordo che uno degli alibi piu' ricorrenti adottato dagli evasori e' quello di sostenere che le aliquote sono troppo alte); il mio bagnino, al contrario, non ha alibi: dichiarare mediamente 8.900 euro lordi (valore pressoché corrispondente al netto, dato che il carico fiscale a questi livelli e' prossimo allo zero) significa che piu' che di 'evasione da sopravvivenza' si tratta di 'evasione da parassitismo', cioè cosciente volontà di trasferire agli altri "fessi" che pagano le tasse l'onere che spetterebbe a ogni cittadino "quale diritto di appartenenza alla collettività" oltre, evidentemente, a far gravare sulle spalle dei contribuenti onesti quota significativa del proprio "tenore di vita".
I distinguo sarebbero ben piu' numerosi, ma non voglio annoiare.
Nei confronti dell'evasione fiscale, resta peraltro inteso, sono per la tolleranza zero e, personalmente, non mi concedo "sconti" e "deroghe".
Ma l'entità del fenomeno mi induce a ritenere che, pragmaticamente, dovremo accontentarci di procedere per tappe.
A mio avviso la prima deve necessariamente essere quella che impone a ogni cittadino di sostenere un tenore di vita consono ai redditi dichiarati: diversamente i suoi consumi e, peggio, i suoi lussi li paga il contribuente onesto.
Questa situazione non assomiglia per niente a un modo civile di condividere l'esistenza all'interno di una collettività.
Attivare un sistema di controllo che consenta di monitorare le spese di ognuno di noi nell'arco dell'anno, nell'era dell'elettronica, e' impresa tutt'altro che impossibile.
Ringrazio per l'eventuale ospitalità e a presto risentirci.
Samuel Adams

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